Dell’argomento avevamo ampiamente reso conto ai lettori di NCF sul numero di dicembre nell’inchiesta dal titolo “Omeopatia. Sogno impossibile?”, dove affermavamo che – nonostante il cammino che dovrebbe portare al riconoscimento ufficiale e l’assegnazione di un’Aic ai prodotti omeopatici disponibili in Italia sia irto di ostacoli – la speranza è l’ultima a morire. Arriva ora la notizia che il Tar del Lazio, con sentenza datata 5 febbraio, ha accolto il ricorso delle aziende omeopatiche contro il decreto tariffe che avrebbe messo in ginocchio il mercato omeopatico. L’aumento del costo di rinnovo e registrazione semplificata dei medicinali omeopatici e antroposofici, previsto dal decreto di marzo 2013, è illegittimo. Le aziende omeopatiche ora possono guardare con più tranquillità al futuro, dopo l’allarme provocato dall’aumento di 700 volte della tariffa precedente.
«È certamente un passo importante per l’industria omeopatica, per i pazienti e per i medici – afferma Fausto Panni, presidente di Omeoimprese. – Il nostro ricorso è stato accolto: le tariffe di rinnovo e registrazione semplificata vanno aumentate solo del 10% come previsto dalla legge Balduzzi. Ora ci aspettiamo che il Ministero della Salute, che si è impegnato anche con il Parlamento, intervenga rapidamente sui tempi di presentazione delle domande di rinnovo e sulla semplificazione della documentazione richiesta».
Il tema delle tariffe infatti non è l’unico problema in campo per le aziende omeopatiche, che a meno di due anni dalla scadenza della presentazione delle domande di rinnovo non sono ancora state messe in grado di completare la compilazione dei dossier. Senza contare la stretta ingiustificata sulle officine di produzione italiane.