L’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) raccomanda la concessione dell’AIC per lenvatinib per il trattamento di pazienti adulti affetti da carcinoma tiroideo differenziato (DTC) progressivo, localmente avanzato o metastatico. La nuova opzione terapeutica è raccomandata nei casi in cui la cui malattia sia progredita nonostante il trattamento con terapia allo iodio radioattivo.
Il carcinoma tiroideo differenziato (DTC) è generalmente trattato con chirurgia, iodio radioattivo e terapia a base di tiroxina per la soppressione dell’ormone tireostimolante (TSH). La maggior parte dei pazienti ottiene una prognosi favorevole con il trattamento standard; tuttavia, in un piccolo gruppo di individui, il cancro progredisce nonostante la terapia a base di iodio radioattivo. Questi malati attualmente hanno a disposizione poche opzioni terapeutiche. Può succedere che i pazienti non avvertano i sintomi della malattia finché il tumore non è allo stadio avanzato; in questi casi la prognosi è sfavorevole.
Lenvatinib è un inibitore della tirosin-chinasi e agisce bloccando alcuni enzimi coinvolti nella crescita e nella diffusione delle cellule tumorali. A oggi un inibitore della tirosin-chinasi , il sorafenib, è stato approvato nell’Unione Europea (UE) per il trattamento del DTC in pazienti non più rispondenti alla terapia allo iodio radioattivo.
Essendo destinato a trattare un tipo raro di tumore, il lenvatinib ha ricevuto nel 2013 la designazione di farmaco orfano; questa designazione, con gli incentivi associati, rappresenta uno strumento fra i più importanti a disposizione dell’EMA per lo sviluppo di farmaci per pazienti affetti da malattie rare.
La valutazione di lenvatinib si è basata su uno studio di fase III che ha coinvolto 392 pazienti con DTC progressivo non più rispondenti alla terapia allo iodio radioattivo, a cui è stato somministrato in modo causale il farmaco o un placebo. Lo studio ha mostrato che i pazienti trattati con lenvatinib hanno vissuto in media 14,7 mesi più a lungo, senza progressione della malattia, rispetto ai pazienti trattati con placebo.
Un’ampia quota dei pazienti che avevano ricevuto lenvatinib durante lo studio hanno avuto bisogno di ridurre le dosi o interrompere il trattamento a causa degli effetti collaterali (principalmente pressione alta ed eccesso di proteine nelle urine). Nel complesso, il Comitato per i medicinali a uso umano (CHMP) dell’EMA ha ritenuto il profilo di sicurezza del farmaco coerente con le altre terapie simili e gli effetti collaterali prevedibili e gestibili. Tuttavia il CHMP ha richiesto un ulteriore studio per definire la dose di partenza più appropriata da somministrare ai pazienti per ottimizzare i benefici e ridurre i rischi derivanti dall’utilizzo del farmaco.