Alemtuzumab di Genzyme ha ricevuto dall’Agenzia Italiana del Farmaco le indicazioni su regime di rimborsabilità e prezzo, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n.82 del 9 aprile 2015. Il trattamento in pazienti con decorso di sclerosi multipla recidivante remittente è già approvato in oltre 40 Paesi ed è supportato da un programma di sviluppo clinico che ha coinvolto nel mondo circa 1.500 pazienti e 5.400 pazienti-anno di follow-up.
Genzyme, società del Gruppo Sanofi, annuncia che è disponibile e prescrivibile anche in Italia, il farmaco biologico alemtuzumab: un anticorpo monoclonale iniettivo che interagisce in modo selettivo con le cellule del sistema immunitario responsabili dell’attacco al sistema nervoso centrale tipico della malattia. L’anticorpo colpisce infatti la CD52, una proteina presente in grandi quantità sulla superficie delle cellule T e B determinando l’eliminazione delle stesse cellule circolanti, responsabili del processo infiammatorio.
Rispetto ad altri trattamenti immunosoppressori, alemtuzumab esercita un impatto minimo sulle altre cellule immunitarie. Gli studi hanno inoltre dimostrato che la riduzione delle cellule T e B, caratteristica di questo farmaco, è seguita immediatamente da un ripopolamento delle cellule immunitarie con modalità che riducono potenzialmente l’attività della malattia con effetti persistenti a lungo termine.
Alemtuzumab è indicato nei pazienti adulti con sclerosi multipla recidivante-remittente (SMRR) con malattia attiva definita clinicamente o attraverso le immagini di risonanza magnetica e presenta una modalità di somministrazione unica nel panorama terapeutico della malattia. È, infatti, una infusione endovenosa da somministrare solo 5 volte (in 5 giornate consecutive) il primo anno di trattamento e 3 volte il secondo anno. L’efficacia del trattamento si protrae anche negli anni successivi (al momento il massimo periodo di osservazione degli studi è di 5 anni).
Studi clinici su alemtuzumab
Alemtuzumab è stato approvato a seguito di due importanti studi randomizzati di fase III che ne hanno confrontato l’effetto rispetto al trattamento con interferone beta-1a ad alto dosaggio, somministrato per iniezione sottocutanea in pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente attiva, non sottoposti a precedente trattamento (Care-MS I) o che avevano avuto almeno una recidiva durante la terapia pregressa (Care-MS II).
Nello studio Care-MS I, alemtuzumab ha mostrato di essere significativamente più efficace rispetto a interferone beta-1a nel ridurre i tassi annualizzati di recidiva; nello studio Care-MS II, di essere significativamente più efficace di interferone beta-1a nella riduzione dei tassi annualizzati di recidiva e nel rallentare l’accumulo di disabilità.
Inoltre, i pazienti trattati con alemtuzumab avevano una probabilità significativa di mostrare un miglioramento della disabilità preesistente, come rilevato nei sei mesi di consistente diminuzione degli indici di disabilità.
È, inoltre, in corso uno studio di estensione che coinvolge oltre 1000 pazienti provenienti sia dagli studi di fase III soprariportati sia dallo studio di fase II, il Camms223, nel quale sono stati coinvolti pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente attiva non sottoposti a precedente trattamento, con breve storia di malattia e bassa disabilità. Di quest’ultimo studio, sono già disponibili i dati osservati nel lungo periodo -5 anni – dove il farmaco ha dimostrato di essere significativamente più efficace rispetto a interferone beta-1 a nel ridurre i tassi di recidiva per anno, nel rallentare l’accumulo di disabilità e nel migliorare la disabilità preesistente.
Rischi nell’uso di alemtuzumab
Poiché l’anticorpo monoclonale agisce eliminando le cellule del sistema immunitario, presenta anche alcuni rischi, tra i quali quello di sviluppare una malattia autoimmune dopo il trattamento. Le cellule del sistema immunitario, nel ripopolare l’organismo, possono colpire altri organi, in particolare la tiroide, inducendo una tiroidite autoimmune (con conseguente ipo o ipertiroidismo). Per questa ragione sono in corso nuovi studi per una migliore profilazione dei soggetti a rischio e per combinare farmaci in grado di proteggere gli organi bersaglio dell’autoimmunità durante e subito dopo il termine della cura. I risultati sono attesi versi la fine del 2017.
Nel frattempo, per consentire la precoce individuazione e l’ottimale gestione di questi eventi autoimmuni, è stato strutturato un programma di gestione del rischio, nel quale verranno inseriti tutti i pazienti trattati, con frequente monitoraggio di laboratorio. I più comuni eventi avversi associati ad alemtuzumab sono reazioni associate all’infusione (mal di testa, rash cutaneo, febbre, nausea, orticaria, prurito, arrossamento e affaticamento), infezioni (vie aeree superiori e tratto urinario), linfopenia e leucopenia. Alemtuzumab è controindicato in pazienti con infezione da HIV.
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