L’acromegalia è una condizione rara, grave e invalidante caratterizzata dal progressivo ingrossamento delle ossa acrali (della testa, delle mani e dei piedi), delle labbra e di alcuni altri organi con conseguenti alterazioni metaboliche che comportano un rischio per la vita dei pazienti. I pazienti con acromegalia non trattata, infatti, hanno un tasso di mortalità pari a circa il doppio rispetto a quello osservato nella popolazione generale e una riduzione media dell’aspettativa di vita di circa 10 anni.
La patologia è causata da un’ipersecrezione cronica di ormone della crescita (GH), che, in oltre il 95% dei pazienti, ha origine da un tumore: un adenoma ipofisario secernente GH.
Si tratta di una patologia lenta e insidiosa con sintomi iniziali subdoli e poco chiari. La diagnosi, quindi, è spesso tardiva rispetto all’esordio della malattia e gli effetti a lungo termine possono essere irreversibili. Le complicanze possono comprendere diabete, alterazione del metabolismo dei lipidi e ipertensione, con un elevato rischio di infarto e ictus.
Gli obiettivi terapeutici dell’acromegalia consistono nel ridurre la mortalità, prevenire le recidive del tumore, alleviare i sintomi, ridurre e/o stabilizzare le dimensioni del tumore ipofisario e preservare la funzionalità ipofisaria. L’intervento chirurgico ha limitate possibilità di successo quando l’adenoma supera il centimetro di diametro massimo (macroadenoma). Opzioni terapeutiche che si sono dimostrate efficaci nel raggiungimento del controllo biochimico sono: analoghi della somatostatina, l’antagonista del recettore dell’ormone della crescita pegvisomant e la radioterapia.