Gli studi lo confermano: l’attività fisica protegge dal Parkinson. Praticare con regolarità un’attività sportiva riduce infatti del 43% il rischio di sviluppare la malattia di Parkinson, mentre le persone con Parkinson che praticano uno sport riducono del 70% il rischio di cadute (la loro più comune causa di accesso al pronto soccorso) e migliorano l’umore.
«Le ultime evidenze scientifiche dimostrano che chi pratica regolarmente un’attività fisica ha un rischio inferiore del 43% di sviluppare la malattia di Parkinson [Fei Yang, et al. “Physical activity and risk of Parkinson’s disease in the Swedish National March Cohort” Brain, 19 Nov. 2014], mentre i parkinsoniani che continuano a praticare attività fisica e sport non solo mantengono nel tempo una migliore autonomia ma presentano anche una evoluzione più lenta e meno invalidante rispetto a quelli che conducono una vita più sedentaria – dichiara Alfredo Berardelli, presidente Accademia LIMPE-DISMOV; Dip.to Neurologia e Psichiatria, Sapienza Università di Roma. – Una prospettiva multidisciplinare nella gestione delle persone con malattia di Parkinson e le terapie farmacologiche più avanzate aiutano a gestire la malattia per lungo tempo, mentre l’attività sportiva, le terapie fisiche e riabilitative e piccoli cambiamenti nello stile di vita possono facilitare la gestione del Parkinson, la mobilità dei pazienti e quindi la loro autonomia. Nelle persone con malattia di Parkinson, infatti, l’esercizio fisico può aiutare a migliorare l’equilibrio e ridurre del 70% le cadute [Canning CG et al. “Exercise for falls prevention in Parkinson disease“, Neurology,December 31, 2014], che sono la loro più comune causa di accesso al pronto soccorso».
Progetto di ricerca sulla prevenzione delle cadute
Il primo progetto di ricerca sulla prevenzione delle cadute nelle persone con malattia di Parkinson sostenuto dalla Fondazione LIMPE per il Parkinson Onlus, ha dato risultati così riassunti dal presidente della Fondazione stessa, Giovanni Abbruzzese:
«Lo studio si proponeva di valutare, in un ampio campione di pazienti italiani affetti da malattia di Parkinson, la frequenza delle cadute e i possibili parametri clinici associati o predittivi del rischio di caduta. La ricerca si è svolta in 19 centri che hanno arruolato 544 pazienti e 301 soggetti di controllo. I risultati preliminari evidenziano che il 42% dei pazienti italiani con malattia di Parkinson cade almeno una volta l’anno (media 23 cadute) rispetto al 17% dei soggetti di controllo. Numerosi fattori (età, durata e gravità di malattia, stato cognitivo, presenza di disturbi del cammino, presenza di ansia e depressione) sono associati al rischio di cadere, ma soprattutto la durata della malattia e alcuni specifici disturbi del cammino risultano essere predittivi. L’identificazione di fattori predittivi del rischio di caduta appare fondamentale al fine di programmare interventi preventivi o trattamenti riabilitativi specifici».
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