Con un documento firmato da oltre 85 industrie farmaceutiche di 18 Paesi, Big Pharma ha dichiarato il suo impegno a combattere il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, ed ha avanzato le sue richieste ai Governi nell’ambito del World Economic Forum tenutosi a Davos in Svizzera (Consulta la Dichiarazione di Davos).
BigPharma si impegna a produrre nuovi antibiotici contro i superbatteri, ma chiede ai Governi un aiuto per affrontare le spese, perché altrimenti la produzione di queste molecole non è sostenibile. Secondo le attuali leggi di mercato, il profitto dipende dalla quantità di prodotti venduti; ma gli antibiotici vengono impiegati per un periodo limitato tempo e, proprio se efficaci, non se ne deve fare un uso eccessivo.
La richiesta delle aziende è quella di adeguare i costi degli antibiotici ai benefici che sono in grado di fornire, così da evitare di dover aggiungere alle spese per lo sviluppo del farmaco anche quello delle campagne promozionali.
In cambio BigPharma si impegna a dare il suo contributo nella lotta all’antibiotico-resistenza, principalmente attraverso tre azioni:
- incoraggiare un uso appropriato dei vecchi e nuovi antibiotici in accordo con il piano d’azione dell’Organizzazione Mondiale della sanità
- velocizzare i tempi di discovery, aumentando gli sforzi in Ricerca e Sviluppo e favorendo la collaborazione tra tutte le parti d’interesse (industria, università e istituzioni pubbliche)
- favorire l’accesso ai futuri farmaci a chiunque ne abbia bisogno in tutto il mondo.
L’antibiotico-resistenza è un problema globale
«La resistenza agli antibiotici è un problema globale, che richiede una soluzione globale». Sono le parole di Vytenis Andriukaitis, commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare, a commento dell’ultimo rapporto annuale “The European Union summary report on antimicrobial resistance in zoonotic and indicator bacteria from humans, animals and food in 2014” curato congiuntamente da Efsa e dal centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). «Il fenomeno – ha precisato Mike Catchpole, Chief Scientist di Ecdc – è preoccupante perché significa che farmaci di ultima istanza potrebbero presto non essere più efficaci per il trattamento di infezioni gravi».
Lo sviluppo di superbatteri resistenti è responsabile di oltre cinquantamila morti tra Europa e Stati Uniti. In questo panorama l’Italia è tra le peggiori nell’Unione Europea, con circa 4500-7000 morti all’anno e circa 284.000 pazienti colpiti, dal 7 al 10 per cento di tutti i ricoveri. La resistenza ai farmaci rende difficile il trattamento delle infezioni, anche le più comuni come la polmonite o le infezioni del tratto urinario (per sapere cosa .
I superbatteri che preoccupano
I risultati dal documento firmato Efsa/Ecdc vanno a completare i dati emersi lo scorso anno (LEGGI il nostro approfondimento qui).
A preoccupare sono soprattutto la resistenza del Campylobacter verso la ciprofloxacina e quella delle Salmonelle nei confronti di diverse molecole.
In particolare, la resistenza di Campylobacter a ciprofloxacina è risultata alta o estremamente elevata nel 60% dei ceppi di provenienza umana e in quasi il 70% di quelli estratti dal pollame. Nei polli da carne, inoltre, è stata segnalata un’elevata resistenza anche all’acido nalidixico e alle tetracicline.
Anche tra i ceppi di Salmonella, sia di provenienza umana che da pollame, è stata riscontrata un’elevata resistenza ai principali antibiotici di largo utilizzo: tetracicline (30%), sulfamidici (28,2%) e ampicillina (28,2%).
Ad aggravare la situazione è la prevalenza elevata di ceppi multiresistenti presenti sia nell’uomo (26%) sia nelle carni di pollo e tacchino (rispettivamente 24,8% e 30,5%). L’elevato livello di resistenza alla ciprofloxacina e di resistenza multi-farmaco renderebbe particolarmente preoccupanti alcuni ceppi di batteri di Salmonella Kentucky e Salmonella Infantis.
Ancora troppo poca consapevolezza
Il rischio dunque è quello di tornare all’era pre-antibiotica, quando la mortalità le malattie infettive batteriche era molto elevata soprattutto tra i bambini e gli anziani. Eppure una recente indagine effettuata in dodici Paesi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ha mostrato che c’è ancora molta confusione attorno a questo fenomeno (Leggi qui l’iniziativa dell’OMS).
Quasi due terzi (64%) delle circa diecimila persone intervistate hanno infatti affermato di sapere che la resistenza agli antibiotici è un problema che potrebbe riguardare loro e le loro famiglie, ma non comprendono come affrontarlo. Più della metà non conosce il corretto utilizzo degli antibiotici, dichiarando infatti di usarli per curare raffreddore e influenza, o giudicando corretta la possibilità di interrompere l’assunzione di antibiotici in concomitanza del miglioramento dei sintomi, indipendemente dalla durata della terapia prescritta dal medico.
Altri luoghi comuni errati emersi dalla ricerca sono:
- tre quarti (76%) degli intervistati pensa che la resistenza agli antibiotici si verifichi quando il corpo diventa resistente a questi farmaci. In realtà sono i batteri e non gli esseri umani o gli animali a diventare resistenti agli antibiotici e la loro diffusione provoca poi infezioni difficili da trattare;
- due terzi (66%) ritiene che gli individui non rischino un’infezione resistente se assumono gli antibiotici seguendo la prescrizione del medico mentre quasi la metà (44%) pensa che la resistenza agli antibiotici sia un problema solo per le persone che assumono regolarmente questi farmaci. In realtà, chiunque, a qualsiasi età e in qualsiasi Paese può contrarre un’infezione antibiotico resistente;
- più della metà (57%) crede che non si possa fare molto per fermare questo fenomeno, mentre quasi due terzi (64%) ritiene che gli esperti risolveranno il problema prima che diventi troppo serio.