La collagenasi per il morbo di Dupuytren può sostituire l’intervento chirurgico e restituire la funzionalità della mano.
L’Ospedale San Giuseppe Gruppo MultiMedica annuncia in un comunicato stampa il tema della 14° edizione della Giornata Milanese di Chirurgia della Mano (11 marzo 2016): “La collagenasi: presente e futuro per il trattamento del morbo di Dupuytren”.
Il morbo di Dupuytren è dovuto all’ispessimento del collagene sottocutaneo del palmo che forma dei “cordoni” e determina la flessione progressiva e permanente di una o più dita. Il morbo di Dupuytren è una delle più comuni deformità della mano.
La possibilità di trattare il morbo di Dupuytren senza ricorrere all’intervento chirurgico è offerta dall’utilizzo della collagenasi di Clostridium histolyticum che, per via iniettiva, permette di indebolire e, con l’eventuale aiuto dell’estensione del dito effettuata dal medico, rompere la membrana di collagene provocata dal morbo di Dupuytren, ripristinando la funzionalità della mano in tempi brevi.
In dettaglio, questo trattamento, inventato da Marie Badalamente e da Lawrence Hurst della Stony Brook University School of Medicine degli Stati Uniti è ormai consolidato, a livello internazionale, come terapia d’elezione per questa patologia, . «La collagenasi, nella maggior parte dei casi, porta a ottimi risultati clinici già il giorno seguente la prima iniezione ripristinando la normale estensione dell’arto e, di conseguenza, portando a un completo recupero delle normali funzionalità della mano – spiega Marie Badalamente -. Questo, grazie a una semplice seduta in cui lo specialista inietta l’enzima nel punto in cui è presente la corda distruggendola, senza dover sottoporre il paziente a un doloroso e, a volte, complesso intervento chirurgico» che non sempre è risolutivo.
In Italia il trattamento è approvato e rimborsato in tutte le regioni, ma «alcuni specialisti preferiscono ancora procedere tramite la tradizionale incisione – spiega Giorgio Pajardi, organizzatore del congresso e direttore dell’UOC di Chirurgia e Riabilitazione della Mano dell’Ospedale San Giuseppe Gruppo MultiMedica, Università degli Studi di Milano. – Per questo, è necessario rendere consapevole il paziente stesso del fatto che l’intervento chirurgico non è più necessario. C’è chi sostiene che la terapia con collagenasi sia ancora sperimentale, che ci siano pochi studi sulla sua efficacia, ma non è assolutamente così; stiamo parlando di quasi dieci anni di studi supportati da numerosi casi trattati, solo il mio reparto è vicino a quota 1.000».
In alcune regioni, il trattamento con la collagenasi per il morbo di Dupuytren non risulta ancora sufficientemente utilizzato. In linea di massima, il Centro Italia è in ritardo rispetto al Nord e al Sud; sono partite, più di recente, la Puglia e la Sicilia che si aggiungono alla già virtuosa Sardegna. In questa regione, «il dottor Luciano Cara, direttore della Struttura Complessa di Ortopedia e Microchirurgia Ricostruttiva dell’Ospedale Marino di Cagliari, una volta sperimentato il farmaco e compresa la sua efficacia, si è speso per il suo utilizzo in tutta l’isola. In concreto, ha organizzato una serie di corsi formativi invitando almeno un referente per ognuno dei dieci reparti di ortopedia della Sardegna, per poi ottenere la sua rimborsabilità – continua Pajardi -. La Lombardia, invece, che è stata la prima a autorizzare e finanziare questo trattamento anche per molti pazienti provenienti da altre regioni, ha deciso di concedere il rimborso solo a chi avesse condotto le necessarie sperimentazioni del farmaco. In totale quattro strutture, oltre al mio reparto presso l’Ospedale San Giuseppe – Gruppo MultiMedica. In futuro, se uno dei centri dimostrerà di non utilizzare il trattamento, la regione destinerà il finanziamento a un altro ospedale. In ogni caso, è importante sottolineare che se la collagenasi non viene utilizzata, non è per responsabilità delle istituzioni, ma delle singole strutture ospedaliere autorizzate che non si sono ancora attivate».
Il trattamento è ormai consolidato anche a livello internazionale. A conferma di ciò, una decina di ex pazienti hanno deciso di fondare la Società Italiana Morbo di Dupuytren (SIMD) per informare e sensibilizzare su questa malattia e sull’esistenza di una terapia non chirurgica efficace. «Io sono un ex paziente, operato dal Professor Pajardi nel 2011 e, in seguito nel 2015, per una forma di Dupuytren bilaterale alle mani – racconta Giuseppe Stringa, Presidente della Società -. Nel 2014 abbiamo deciso di fondare questa realtà di cui ho l’onore di essere il presidente. Il nostro obiettivo è sensibilizzare la popolazione sul fatto che esistono delle terapie non chirurgiche per trattare malattie come quella di Dupuytren in modo rapido e indolore. In due giorni si risolve un problema che, con l’intervento tradizionale, avrebbe richiesto sei mesi».
Stando a quanto affermano gli esperti, quindi, non c’è più motivo di ricorrere al bisturi per risolvere questo tipo di contrattura. Come spiega Lawrence Hurst, infatti, «l’intervento richiede ampie incisioni alla mano per rimuovere efficacemente il cordone di collagene. Inoltre, espone alle solite complicazioni e morbilità legate alla chirurgia in aperto. Complicanze come lesioni nervose, infezioni, danni ai tendini e rigidità articolari; inoltre, la chirurgia richiede il ricorso all’anestesia, a volte anche generale». Continua Badalamente: «nella maggior parte dei casi, grazie a questo trattamento non chirurgico, non è necessario prevedere un monitoraggio terapeutico. Si tratta di un approccio che risparmia ai pazienti dolore e assenze dal lavoro, garantendo loro di tornare rapidamente alle normali attività quotidiane».
«Abbiamo trattato persone anziane e giovani, con un solo dito coinvolto, cinque dita o individui che non erano più in grado di utilizzare la mano da qualche anno. Direi che abbiamo davvero tutti i parametri e tanti risultati su cui discutere. Acquisire esperienza permette, sempre, un miglioramento del trattamento e un’estensione del suo utilizzo, la chirurgia tradizionale appartiene ormai alla storia della medicina» – conclude Pajardi.
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