MSD annuncia che nuovi dati su grazoprevir/elbasvir per l’epatite C sono stati presentati al 51° International Liver Congress annuale dell’European Association for the Study of the Liver (EASL) a Barcellona. Si tratta di un corpus di dieci studi clinici di fase II e III che confermano l’efficacia di grazoprevir/elbasvir con tassi di risposta virologica superiori al 95% a 12 settimane in tutte le categorie di pazienti con infezione HCV, inclusi quelli “fragili” con cirrosi compensata, insufficienza renale grave, malattie ematologiche o con precedente fallimento terapeutico.
Sebbene la ricerca si confronti ancora con bisogni clinici non soddisfatti come l’esigenza di semplificare i regimi terapeutici e la gestione di popolazioni di pazienti complessi, ormai popolazioni di pazienti sempre più ampie hanno la possibilità di guarire dall’infezione HCV in pochi mesi.
«Ad oggi la combinazione grazoprevir/elbasvir ha mostrato un buon profilo di efficacia e sicurezza su un’ampia popolazione di pazienti, compresi quelli con insufficienza renale terminale in dialisi e i cirrotici compensati in classe A di Child – afferma Savino Bruno, professore straordinario di Medicina Interna alla Humanitas University Medicine di Rozzano (Milano) – con una sola pillola al giorno, senza ribavirina, nei pazienti italiani infettati dal genotipo 1b che da noi è il più frequente».
La combinazione grazoprevir / elbasvir per l’epatite C (Zepatier™)
Zepatier è una terapia orale in compresse, una sola pillola al giorno, a dose fissa, costituita dalla combinazione di grazoprevir (inibitore della proteasi NS53/4A) ed elbasvir (inibitore del complesso di replicazione NS5A), sviluppata da MSD, per il trattamento di pazienti con infezione da virus dell’epatite C genotipo 1 e 4, con o senza ribavirina.
La combinazione grazoprevir/elbasvir per l’epatite C, dopo essere stata approvata negli Stati Uniti e in Canada, è in attesa di ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio da parte della Commissione Europea. La combinazione grazoprevir/elbasvir è un farmaco testato, negli anni, in un programma di studi clinici sul profilo di efficacia, sicurezza e tollerabilità con più di 2.000 pazienti arruolati, che evidenziano la sua idoneità a essere somministrato a un’ampia popolazione di pazienti.
La combinazione grazoprevir/elbasvir ha raggiunto tassi di risposta virologica sostenuta superiori al 90-95% in diversi studi clinici su differenti categorie di pazienti, come nello studio di fase III C-EDGE Head-to-Head, sull’efficacia e sicurezza di grazoprevir/elbasvir vs la combinazione sofosbuvir/peginterferone/ribavirina.
Lo studio C-EDGE Head-to-Head
C-EDGE Head-to-Head è uno studio controllato randomizzato di fase III che valuta efficacia e sicurezza di grazoprevir/elbasvir confrontata con sofosbuvir/PegIFN/ribavirina nell’epatite C.
Dei pazienti arruolati l’82% ha HCV di genotipo 1b, il 14% HCV di genotipo 1a, il 4% HCV di genotipo 4. Il 17% cirrosi compensata e il 25% aveva già assunto PegIFN/ribavirina in precedenza.
Il disegno dello studio ha previsto due gruppi di pazienti randomizzati:
- un gruppo ha assunto grazoprevir/elbasvir per 12 settimane
- l’altro gruppo ha assunto sofosbuvir/PegIFN/ribavirina (combinazione sofosbuvir + interferone pegilato + ribavirina) per 12 settimane.
I risultati hanno evidenziato che il tasso di SVR24 con grazoprevir/elbasvir è stato del 99,2%, contro l’89,7% dei pazienti trattati con sofosbuvir/PegIFN/ribavirina.
Gli effetti collaterali sono stati riscontrati nel 51% dei pazienti cui è stato somministrato grazoprevir/elbasvir e nel 93% dei pazienti che hanno ricevuto sofosbuvir/PegIFN/ribavirina.
Gli effetti collaterali più comuni nel gruppo trattato con grazoprevir/elbasvir sono stati: cefalea (13%), spossatezza (7%) e nausea (6%).
Gli effetti collaterali riscontrati nel gruppo trattato con sofosbuvir/PegIFN/ribavirina sono stati principalmente: febbre (54%), cefalea (40%), affaticamento (25%) e astenia (24%).
Lo studio C-EDGE CO-STAR
Lo studio C-EDGE CO-STAR valuta l’efficacia e la sicurezza di grazoprevir/elbasvir vs placebo in pazienti naive al trattamento con HCV di genotipo 1, 4 e 6 in trattamento con agonisti degli oppioidi – OAT.
Il trattamento con grazoprevir/elbasvir ha dimostrato di avere un impatto favorevole sulla qualità della vita legata allo stato di salute (QoLHR) rispetto ai pazienti trattati con placebo (pazienti con HCV di genotipo 1, 4 e 6 in trattamento con agonisti degli oppioidi – PWID/OAT).
Lo studio valuta anche il rischio di reinfezione dopo un trattamento di successo con grazoprevir/elbasvir nelle persone che si iniettano droghe (PWID), in terapia con agonisti degli oppioidi (OAT).
La combinazione grazoprevir/elbasvir può rappresentare una chance terapeutica anche per i pazienti con un sistema immunitario particolarmente compromesso, per i pazienti difficili da trattare come quelli che assumono droghe per via iniettiva (PWID – People Who Inject Drugs) e i pazienti con co-morbilità come quelli affetti da insufficienza renale (CKD). «I pazienti che fanno uso di oppiacei sono una categoria abitualmente esclusa dai trial clinici per lo sviluppo di nuovi farmaci per la cura dell’epatite C. – dichiara Gloria Taliani, professore ordinario di Malattie infettive alla Sapienza Università di Roma – Nello studio C-EDGE CO-STAR sono stati trattati con grazoprevir/elbasvir circa 300 PWID, di cui il 20% aveva cirrosi; tutti hanno assunto oltre l’80% delle dosi di farmaco raccomandate e la risposta virologica sostenuta è stata del 96-100% nei soggetti con infezione da genotipo 1 e 4. Un’altra categoria di pazienti con un bisogno terapeutico per HCV non pienamente soddisfatto è rappresentata dai dializzati e dai pazienti con insufficienza renale grave; in questa tipologia di pazienti l’impiego della combinazione grazoprevir/elbasvir senza ribavirina ha consentito di raggiungere la guarigione nel 96-100% dei casi con un profilo di sicurezza che può rendere questa opzione terapeutica di grande utilità nella pratica clinica».
Lo studio C-EDGE IBLD
I pazienti con malattie ematologiche infetti da HCV rappresentano un’altra classe di pazienti particolarmente fragili per i quali sussistono ancora bisogni terapeutici non soddisfatti che la combinazione grazoprevir/elbasvir può colmare.
Lo studio C-EDGE IBLD è un studio di fase III a doppio cieco su efficacia e sicurezza di grazoprevir/elbasvir nei pazienti con HCV cronica di genotipo 1, 4 e 6 e disordini ereditari del sangue con e senza co-infezione da HIV.
«Lo studio C-EDGE IBLD ha arruolato pazienti con emoglobinopatie congenite oppure pazienti con deficit congeniti della coagulazione; sono persone di 35-40 anni con malattia di fegato avanzata che hanno iniziato a fare trasfusioni prima del 1990 e si sono infettate con il virus HCV – spiega Antonio Craxì, professore ordinario di Gastroenterologia all’Università di Palermo – in questi pazienti la risposta terapeutica è stata superiore al 98%. Si tratta di studi di perfezionamento che servono a dire che elbasvir/grazoprevir può rivelarsi utile anche in pazienti particolari, e confermano studi condotti in precedenza su popolazioni generali. Oggi abbiamo dati forti che ci consentono di affermare che questi farmaci possono essere utilizzati in tutte le categorie di pazienti».
I dati preliminari evidenziano l’ottimo profilo di efficacia e tollerabilità di grazoprevir/elbasvir nei pazienti con HCV di genotipo 1, 4 o 6, con disordini ereditari del sangue, in presenza o meno di cirrosi (SVR4 tra il 96% e il 100%).
Lo studio C-SWIFT Retreatment
C-SWIFT Retreatment valuta il successo del ritrattamento di pazienti con HCV di genotipo 1, con trattamento per 12 settimane con grazoprevir/elbasvir + sofosbuvir e ribavirina dopo il fallimento di una terapia orale di breve durata.
Il tasso di SVR è stato del 100% dopo un trattamento di 12 settimane.
Un aspetto spesso critico nelle terapie con antivirali, anche nel caso dell’HCV, è quello dell’insorgenza di resistenze, che spesso causa il fallimento terapeutico; un ostacolo che in futuro potrebbe essere meno problematico grazie al profilo di efficacia dei nuovi DAAs.
«Le terapie con farmaci moderni anti-HCV sono estremamente efficaci, in grado di ottenere la guarigione in oltre il 90% dei pazienti. Tale straordinario risultato è in parte attenuato, però, dal problema del fallimento alla terapia. Seppure riscontrate in percentuali molto contenute – sottolinea Carlo Federico Perno, professore di virologia all’Università di Roma Tor Vergata – le resistenze virali non solo rendono meno efficaci i farmaci già utilizzati, ma spesso rendono poco o nulla utilizzabili anche altri farmaci di seconda linea. Due le strategie per affrontare il problema, sinergiche tra loro: personalizzare il trattamento, scegliendo i farmaci realmente attivi sulla base dei test di resistenza, e utilizzare i nuovi inibitori del virus HCV, come l’associazione elbasvir/grazoprevir che ha mostrato, negli studi presentati nel recente passato e ad EASL 2016, una sostanziale efficacia anche nei confronti del virus divenuto resistente al primo trattamento».
Gli studi C-CREST 1 e 2
I dati di fase II sulla SVR24 forniti dagli studi C-CREST 1 e C-CREST 2 sull’efficacia di un regime da 8 settimane con la combinazione a tre farmaci Grazoprevir/MK-3682/MK-8408 hanno evidenziato che il regime terapeutico in oggetto (combinazione di grazoprevir/elbasvir con MK-3682) si è dimostrato promettente, con un tasso di SVR 12 > 90% nei pazienti naive, non cirrotici, con HCV di genotipo 1, 2 o 3.
Grazoprevir/elbasvir è un punto d’arrivo, ma la ricerca già guarda al futuro, verso un regime semplificato a tre farmaci con una sola pillola al giorno, senza ribavirina, ridotta tossicità, azione pangenotipica e minore durata di trattamento. «In prospettiva ci sarà la tripletta, che garantirà un uguale risultato su tutti i genotipi virali HCV esistenti in natura – conclude Savino Bruno – gli studi C-CREST 1 e 2, condotti su 240 pazienti con vari genotipi di HCV per valutare efficacia e sicurezza della combinazione elbasvir/grazoprevir con una terza molecola, MK-3682, che affronta il virus in tre differenti siti di replicazione, hanno dimostrato che l’efficacia terapeutica raggiunta può essere piuttosto elevata, superiore al 90%, e tutti i genotipi HCV sono stati coperti. La percentuale di risposta terapeutica ottenuta appare, dai dati preliminari, migliore di qualunque combinazione DAA disponibile al momento attuale. Inoltre, la tripletta funziona con cicli di 8 settimane di cura, una durata inferiore del 30% rispetto ai regimi di DAA attualmente impiegati, e senza ribavirina».
Lo studio C-EDGE TN
Lo studio C-EDGE TN in cieco sul trattamento con grazoprevir/elbasvir (in combinazione fissa di elbasvir (50 mg)/grazoprevir(100 mg), una volta al giorno per 12 settimane) controllato con placebo dei pazienti naive a pregresso trattamento con infezione da HCV di genotipo 1, 4 o 6 ha fornito i dati finali di Fase III sulla SVR24.
Il 22% (92/421) dei pazienti reclutati presentava cirrosi.
I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi paralleli:
- gruppo attivo: pazienti che avevano iniziato immediatamente il trattamento con il regime grazoprevir/elbasvir
- gruppo differito: pazienti che erano stati trattati prima con placebo e poi avevano effettuato terapia con grazoprevir/elbasvir
La SVR24 è stata raggiunta dal 93,6% dei pazienti in entrambi i gruppi.
Gli effetti collaterali seri sono stati rilevati nel 3% dei pazienti del gruppo attivo e nel 4% dei pazienti del gruppo placebo.
Altri studi
Altri studi presentati al 51° International Liver Congress annuale dell’European Association for the Study of the Liver hanno riguardato:
- Analisi costo/efficacia (Stati Uniti) della combinazione grazoprevir/elbasvir nei pazienti naïve e già trattati con HCV di genotipo 1 e complicanze renali
- Risposta Virologica sostenuta tra I pazienti con HCV di genotipo 1, trattati con regimi a base di DAAs senza interferone
- Caratteristiche e prevalenza di complicanze renali (CKD) nei pazienti con HCV trattati con DAAs senza interferone
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