Trattare tutti i pazienti affetti dal virus dell’epatite C è la parola d’ordine degli esperti che, a quasi due anni dalla disponibilità delle nuove terapie nel nostro Paese, si sono riuniti a Napoli l’11 giugno 2016 nel corso del Convegno Nazionale organizzato dall’Associazione EpaC onlus dal titolo “L’offerta dei farmaci innovativi a tutti i pazienti con epatite C: limitare l’accesso è l’unica soluzione?”
Farmaci innovativi per l’epatite C non soltanto per alcuni pazienti
I nuovi farmaci ad azione antivirale diretta sono in grado di modificare radicalmente la storia naturale dell’epatite C con la possibilità di guarigione di oltre il 95%. L’accesso a questi trattamenti è attualmente “calmierato” in quanto ad oggi possono beneficiarne solo alcune categorie di pazienti individuate da Aifa, che ha dato precedenza ai pazienti più gravi, basandosi quindi, di fatto, su un principio di “urgenza” della cura.
«Tutti i giorni – afferma Ivan Gardini, presidente di Epac Onlus – riceviamo proteste da parte di pazienti esclusi dall’accesso dai farmaci innovativi. L’analisi attenta dei dati diffusi dall’Agenzia del Farmaco rivela che la fase di emergenza è terminata e i tempi sono maturi per eliminare gli attuali criteri di accesso, sostituendoli con linee guida basate sull’urgenza clinica e sociale che consentano una programmazione terapeutica gestita dal medico specialista, per restituire maggiore serenità ai pazienti e alle loro famiglie».
Ad oggi in Italia sono stati curati oltre 48.000 pazienti, di questi oltre 6.000 solo in Campania in 25 centri di competenza autorizzati.
Una malattia sistemica
«Non bisogna guardare all’infezione da virus C come un qualcosa che colpisce solo il fegato: l’infezione da virus C deve essere considerata come una malattia sistemica a tutti gli effetti che, ad esempio, può interessare il sistema endocrino ed immune, il sistema nervoso centrale, l’apparato cardio-vascolare – afferma Nicola Caporaso, direttore dell’OUC di Gastroenterologia ed Epatologia e della Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia dell’ Università degli Studi di Napoli Federico II. – Eliminare l’infezione significa modificare in senso positivo anche l’evoluzione delle malattie associate che, una volta, costituivano controindicazioni al trattamento con interferone ed oggi, invece, devono essere considerate opportunità aggiuntive. Eliminare il virus significa eliminare non solo l’infezione ma anche ridurre la mortalità per molte altre cause».
È fondamentale il trattamento precoce
«Il trattamento precoce è fondamentale perché consente la guarigione definitiva dalla malattia in un paziente che è molto diverso rispetto a un paziente in fase avanzata, dove il virus ha già provocato dei danni clinici severi e che, quindi, va seguito e monitorato anche in seguito alla terapia. Curare un paziente precocemente significa, inoltre, generare un grosso vantaggio sociale non solo in termini di salute pubblica, ma anche in termini economici in quanto sono pazienti che escono definitivamente dalla scena dell’assistenza sanitaria. Un decisore attento e oculato dovrebbe tenere ben presente questo aspetto», afferma Giovanni Battista Gaeta, professore ordinario di “Malattie Infettive” alla Seconda Università degli Studi di Napoli.
Serve una corretta pianificazione
«Attualmente l’agenzia italiana del farmaco ha stabilito una priorità di trattamento per i pazienti più gravi. Ora i criteri di emergenza si stanno esaurendo: la maggioranza dei pazienti con malattia avanzata è stata trattata – afferma Antonio Ascione, medico specialista in malattie del fegato e del ricambio, responsabile del Centro per le malattie del fegato dell’Ospedale Fatebenefratelli di Napoli.– Bisogna superare il criterio della rimborsabilità in rapporto all’entità della fibrosi, anche perché è un limite artificiale che non tiene conto di tante esigenze come, ad esempio, le donne in età fertile che desiderano avere un bimbo e hanno paura di infettarlo. La sfida principale oggi, con farmaci così attivi a disposizione, è di impedire che le persone affette da epatite C sviluppino una malattia grave come la cirrosi epatica. Questo obiettivo è oggi a portata di mano. Basta fare una saggia pianificazione».
Un impatto sociale devastante
Indipendentemente dalla gravità della malattia, l’impatto sociale dell’epatite C sull’individuo è pur sempre devastante. Stiamo parlando di problemi in ambito lavorativo, sessuale, sentimentale e familiare. La sola presenza dell’infezione genera stigma che, a sua volta, produce ansie, limitazioni, rinunce e angosce che diminuiscono la qualità di vita. L’CV è una malattia trasmissibile e solo per questo, preclude al paziente di vivere una vita serena.
«Ricordiamo, inoltre, che esistono categorie particolari di pazienti, come i co-infetti HIV-HCV. In Italia siamo in presenza di un problema reale: su circa 100.000 persone con HIV (in trattamento) circa il 35% ha una co-infezione da HCV – afferma Antonio Chirianni, direttore Dipartimento di Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Specialistica dei Colli Monaldi, Cotugno, C.T.O. – Una grossa fetta di questa popolazione si trova in uno stadio di malattia non molto avanzata e, quindi, al momento sono esclusi dal trattamento HCV. In realtà essi dovrebbero essere inclusi tra i pazienti con priorità di trattamento per varie ragioni: in primo luogo in questa fascia di popolazione l’HCV si aggrava più rapidamente rispetto a coloro che non sono co-infetti; hanno una maggiore probabilità di trasmettere la malattia, a causa del loro sistema immunitario compromesso e dei loro comportamenti a rischio. Infine, si tratta di pazienti costantemente seguiti e monitorati, che i medici conoscono molto bene, quindi in questo gruppo si potrebbe più facilmente eradicare».
Sono necessarie linee guida di prioritizzazione
«Le nostre richieste, inviate alla Commissione Tecnica Scientifica di Aifa già nel novembre 2015 e ancora a marzo 2016, si propongono di eliminare le limitazioni di accesso e introdurre linee guida di prioritizzazione, entro le quali i clinici hanno tutto il diritto e il dovere di scegliere in autonomia casi particolari di pazienti da curare subito. In sostanza, le decisioni cliniche devono tornare nelle loro mani. Inoltre, in questo modo, anche i pazienti sarebbero più tranquilli, potendo contare su un arco temporale entro il quale potrebbero avere accesso alle cure. Infine, sarebbe fortemente ridimensionata la corsa all’acquisto del farmaco generico in India o Egitto da parte dei pazienti esclusi, un fenomeno controverso e in costante crescita», conclude Gardini.