Uno studio dell’Istituto Nazionale dei Tumori ha identificato l’efficacia degli aminobifosfonati nel trattamento dei tumori al seno più aggressivi.

Gli aminobifosfonati, farmaci già utilizzati nel trattamento dell’osteoporosi, si sono dimostrati in grado di modulare la funzione delle cellule mieloidi. In associazione alla chemioterapia, potranno essere oggetto di studi clinici in pazienti con tumori ad alto grado con caratteristiche ECM3.

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Uno studio ha dimostrato che alcuni tumori al seno particolarmente aggressivi sono caratterizzati da elevata presenza di proteine della matrice extracellulare in combinazione con le cellule mieloidi (profilo ECM3). Lo studio indica che potrebbero essere utilizzati gli aminobifosfonati nel trattamento dei tumori al seno più aggressivi, in quanto questi farmaci, già utilizzati per contrastare l’osteoporosi, sono in grado di reindirizzare le cellule mieloidi a un’azione antitumorale.

I tumori al seno più aggressivi possono essere identificati con il profilo di espressione genica arricchito in proteine della matrice extracellulare chiamato ECM3. I meccanismi biologici alla base dell’aggressività segnalata da tale profilo non erano noti e sono stati scoperti tramite uno studio con modelli murini.

«Il tumore non è formato solo da cellule impazzite ma anche da cellule appartenenti al sistema immunitario, tra cui le cellule mieloidi, e da matrice extracellulare (ECM): nell’insieme contribuiscono a determinare le differenze biologiche e cliniche del cancro al seno – spiega Sabina Sangaletti -. Per questo la maggior presenza di proteine della matrice in combinazione con le cellule mieloidi da oggi può essere associata a un diverso gruppo prognostico che evidenzia la gravità del tumore del seno. All’Istituto Nazionale Tumori è stata dimostrata l’esistenza di un profilo di espressione genica detto ECM3, che caratterizza il 35% dei tumori al seno ed è associato a prognosi sfavorevole nei tumori di alto grado perché indicativo di una maggiore aggressività e minore risposta alla chemioterapia».

Lo studio dell’Istituto Nazionale dei Tumori sugli aminobifosfonati nel trattamento dei tumori al seno

Lo studio su modello murino è stato condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori, guidati da Sabina Sangaletti dell’Unità di Immunologia Molecolare diretta dal dottor Mario Colombo, insieme ai componenti dell’Unità Operativa diretta da Elda Tagliabue e con la collaborazione di Claudio Tripodo dell’Università di Palermo. I risultati sono stati ottenuti con il sostegno dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC).

La ricerca è stata pubblicata su Cell Reports.

I ricercatori hanno dimostrato l’efficacia degli aminobifosfonati nel bloccare le cellule mieloidi nella loro funzione di supporto alla crescita del tumore indirizzandole a una funzione anti-tumorale e di conseguenza nel favorire la risposta alla chemioterapia.

Lo studio, quindi, indica che le cellule mieloidi possono essere un bersaglio aggiuntivo per i tumori con profilo di espressione genica ECM3.

«Questa ricerca potrà dar vita a uno studio clinico in cui pazienti con tumori ad alto grado con caratteristiche ECM3 saranno trattati con farmaci capaci di modulare la funzione delle cellule mieloidi in associazione alla chemioterapia» – conclude Sabina Sangaletti.