Chiesi Farmaceutici accoglie favorevolmente il report GOLD 2017, ma evidenzia alcune lacune del documento.
In particolare, Chiesi identifica nelle raccomandazioni terapeutiche tre elementi fondamentali che necessitano di valutazioni approfondite e di una revisione ulteriore:
- limitatezza delle evidenze a supporto
- mancato allineamento con le indicazioni terapeutiche di prodotto approvate
- discordanza con il recente orientamento dell’Agenzia Europea del Farmaco.
Il report GOLD rappresenta un importante documento strategico per medici e ricercatori ed è redatto da un comitato di esperti internazionali molto autorevoli nel settore.
L’evoluzione delle GOLD (Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease)
Il programma denominato Global Initiative Chronic Obstructive Lung Disease (GOLD) è stato avviato nel 1998 con l’obiettivo di elaborare raccomandazioni per la cura della broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) sulla base dei dati scientifici più avanzati a disposizione.
Il report GOLD è utilizzato in tutto il mondo come “documento strategico” per i professionisti del settore sanitario che necessitino di uno strumento efficace per attuare i programmi di gestione nell’ambito dei vari sistemi sanitari nazionali.
Il primo report è stato pubblicato nel 2001. Ogni cinque anni (nel 2006 e nel 2011) ne sono state redatte le revisioni integrali. Dal 2013 in poi sono stati pubblicati annualmente gli aggiornamenti dell’edizione del 2011. Il report 2017 (Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease. Global Strategy for the Diagnosis, management, and Prevention of Chronic Obstructive Pulmonary Disease. 2017 Report), reso pubblico il 16 novembre 2016, contiene i dati più recenti e la riformulazione delle precedenti raccomandazioni sulla diagnosi, sulla valutazione e sulla terapia della BPCO e rappresenta la quarta revisione di rilievo.
Questa nuova revisione del documento costituisce un progresso apprezzabile rispetto all’aggiornamento pubblicato nel 2011.
Nell’aggiornamento 2011 venne introdotta la nuova classificazione dei pazienti nelle categorie A-B-C-D, basata sulla valutazione contemporanea di:
- compromissione della funzionalità polmonare,
- gravità dei sintomi,
- rischio di future esacerbazioni.
L’inclusione di questi tre aspetti della valutazione clinica in uno schema bidimensionale ha posto un’ulteriore sfida nella classificazione dei pazienti. Ad esempio, successivamente è stato necessario suddividere le categorie di pazienti C e D in tre diverse sotto-categorie a seconda della presenza di uno o di entrambi i fattori di rischio, come lo stadio di compromissione del VEMS (Volume Espiratorio Massimo nel I Secondo) e il rischio di riacutizzazione.
Le osservazioni di Chiesi Farmaceutici sulle GOLD 2017
Tuttavia, nonostante ciò rappresenti uno degli elementi costitutivi del documento, vi sono elementi fondamentali che richiedono approfondimenti e chiarimenti.
«In alcune aree chiave, le evidenze cliniche riportate nella nuova edizione del report GOLD sono limitate poiché, come esplicitamente si afferma nel testo del report, le raccomandazioni terapeutiche si fondano solo in parte sugli esiti di studi clinici randomizzati – ha dichiarato Stefano Petruzzelli, chief medical officer e head of global clinical development di Chiesi Farmaceutici. – Nonostante nel report GOLD sia stata eliminata l’infiammazione dalla definizione della malattia, una parte considerevole della sezione dedicata alla fisiopatologia si incentra ancora sull’aspetto infiammatorio della BPCO, con maggiore attenzione agli effetti della reazione infiammatoria sulle piccole vie aeree. Tuttavia, nelle raccomandazioni terapeutiche, quest’aspetto fondamentale della malattia è stato tralasciato».
Nel testo del report si afferma che la terapia della BPCO stabile si propone l’obiettivo di ridurre la sintomatologia e il rischio di esacerbazione, ma successivamente si raccomanda di utilizzare i farmaci LABA/LAMA (LABA- long acting beta2 agonists, agonisti beta2-adrenergici a lunga durata / LAMA – long acting muscarinic antagonists, antagonisti muscarinici a lunga durata) anziché i LAMA (ad es. come impiego prioritario nei pazienti della categoria D), dove non è dimostrato che la combinazione LABA/LAMA possa ridurre in modo rilevante e clinicamente significativo il rischio di riacutizzazione rispetto ai LAMA.
Chiesi fa riferimento a “Wedzicha JA et al. Analysis of chronic obstructive pulmonary disease exacerbations with the dual bronchodilator QVA149 compared with glycopyrronium and tiotropium (SPARK): a randomised, double-blind, parallel-group study. Lancet Resp Med 2013; 1: 199-209” e a “Dhillon S. Tiotropium/olodaterol: a review in COPD. Drugs 2016; 76: 135-146”.
Secondo uno studio (Wedzicha JA et al. Indacaterol–Glycopyrronium versus Salmeterol–Fluticasone for COPD. N Engl J Med 2016; 374: 2222-2234), uno specifico farmaco LABA/LAMA ha ridotto le riacutizzazioni più efficacemente rispetto ad uno specifico prodotto ICS/LABA. Tuttavia, non solo quest’effetto non è stato comprovato nei pazienti con precedenti di riacutizzazioni multiple, ma lo studio non includeva nessun paziente della categoria C. Di conseguenza, la raccomandazione di passare dai farmaci LAMA ai LABA/LAMA è quanto meno discutibile e non è avvalorata da prove. È da rilevare che nel report GOLD 2017 compare l’esplicita affermazione secondo cui “mancano prove dirette per le raccomandazioni terapeutiche per i pazienti delle categorie C e D”.
Ancora più rilevante, continuano le osservazioni di Chiesi, è che la raccomandazione dei farmaci LABA/LAMA come opzione prioritaria per i pazienti della categoria D, nonché come “step up” rispetto ai LAMA nei pazienti della categoria C, non concorda con le indicazioni approvate di tutti i farmaci LABA/LAMA attualmente utilizzabili dagli operatori del settore (https://www.medicines.org.uk/emc/medicine/30495 e https://www.medicines.org.uk/emc/medicine/28949).
Le indicazioni approvate a livello regolatorio per questi prodotti si limitano essenzialmente all’attenuazione della sintomatologia ed è significativo che non ne prevedano l’uso nei pazienti con precedente storia di esacerbazioni.
In sintesi, pertanto, il report GOLD sembra raccomandare in pazienti ad alto rischio di riacutizzazione l’uso off label di questi farmaci, cioè con modalità diverse dalle indicazioni terapeutiche approvate. Tutto ciò nonostante l’affermazione contenuta nel medesimo report che il comitato GOLD non raccomanda terapie che non siano state approvate da almeno un importante ente regolatorio.
Inoltre, nel rapporto si cita ripetutamente il ben noto rischio di polmonite indotto dall’uso di cortisonici inalatori (i cosiddetti ICS). Un esplicito riferimento al favorevole rapporto tra rischio e beneficio dell’uso degli ICS nella BPCO (ossia la precisazione che la notevole riduzione delle riacutizzazioni supera ampiamente l’aumento del rischio di polmonite), avrebbe offerto una visione più equilibrata a sostegno delle raccomandazioni terapeutiche, come recentemente accertato dal Comitato europeo per la farmacovigilanza e la valutazione del rischio (European Pharmacovigilance Risk Assessment Committee o PRAC) e confermato dal Comitato per i Medicinali per uso umano (Committee for Medicinal Products for Human Use o CHMP) e dalla Commissione Europea. Infine, non si accenna al fatto che tale maggior rischio non equivale ad un aumentato rischio di decesso (Festic E et al. Association of Inhaled Corticosteroids with Incident Pneumonia and Mortality in COPD Patients; Systematic Review and Meta-Analysis. COPD 2016; 13: 312-326).
Conclude quindi Petruzzelli: «A nostro avviso il nuovo report GOLD non raggiunge l’obiettivo di chiarire con prove convincenti la strategia terapeutica per i pazienti della BPCO rispetto alle raccomandazioni precedenti, ma, purtroppo, in pratica complica ulteriormente la scelta degli strumenti terapeutici utilizzabili dai medici per ridurre i sintomi e il rischio di riacutizzazioni dei pazienti. Indubbiamente l’enorme quantità di dati prodotti dopo la pubblicazione del precedente report GOLD nel 2011 non solo merita una valutazione approfondita, ma se necessario potrebbero essere richiesti studi confermativi per attribuire alle raccomandazioni la persuasività conferita dalla solidità delle prove addotte. Proprio qui, a nostro avviso, è dove il nuovo report 2017 GOLD mostra le sue carenze».
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