Il morbo di Basedow-Graves è una condizione autoimmune che determina la formazione di anticorpi diretti contro il recettore del TSH. È la causa più frequente di ipertoroidismo e ne rappresenta fino all’80% dei casi. Colpisce tra l’1,8% e il 3% della popolazione, prevalentemente il genere femminile: 10 donne ogni 1,5 uomini. Nel 25% dei pazienti interessa anche gli occhi.
È conosciuto anche con il nome di gozzo tossico diffuso o malattia di Flaiani-Basedow o di Parry.
Il morbo di Basedow-Graves mostra un comportamento camaleontico in quanto può virare e trasformarsi in tiroidite di Hashimoto e ipotiroidismo generando problematiche di monitoraggio e terapia.
Un particolare focus su questa patologia è stato affrontato nel 6° CUEM che si è svolto all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Sintomi del morbo di Basedow-Graves
L’esordio è talora insidioso, i sintomi sfumati e poco specifici e può scatenarsi dopo periodo di stress emotivo. Nelle forme conclamate sono presenti:
- nervosismo,
- insonnia,
- tremori,
- palpitazioni,
- stanchezza,
- aumento dell’appetito con perdita di peso,
- nelle donne, alterazioni del ciclo.
Talvolta la diagnosi viene chiarita al comparire dei sintomi oculari con il caratteristico esoftalmo (l’aumento del volume dei muscoli extra-oculari e/o del tessuto adiposo posteriore al bulbo oculare e l’incremento della tensione e del gonfiore delle orbite). Gli occhi quindi sporgono all’infuori diventando più fissi e alterando l’espressione del volto.
Orbitopatia basedowiana
«L’interessamento oculare chiamato orbitopatia basedowiana interessa il 25% dei pazienti con Basedow-Graves ma alcuni studi che si avvalgono di metodiche strumentali sofisticate parlano di percentuali fino al 70-80% – spiega Andrea Giustina, Full Endocrinology Professor all’Università Vita-Salute San Raffaele, Presidente del CUEM e presidente eletto della Società Europea di Endocrinologia. – Non si tratta di una condizione estetica, i pazienti che non riescono a chiudere completamente gli occhi di notte vanno incontro a secchezza che può favorire infezioni della cornea. La pressione cronica sul nervo ottico inoltre può determinare difetti del campo visivo che in alcuni casi possono evolvere in cecità. In presenza di oftalmopatia lieve è opportuno primariamente rimuovere i fattori di rischio come il fumo».
Terapie per il morbo di Basedow-Graves
I cortisonici rappresentano il gold standard della terapia per il morbo di Basedow-Graves. Nuovi farmaci biologici sono in fase di studio. In particolare, i farmaci che agiscono sul recettore dell’IGF-1 hanno effetti positivi sui sintomi oculari.
«Nelle forme più gravi le linee guida del gruppo europeo EUGOGO suggeriscono un protocollo con glucocorticoidi e farmaci immunosoppressivi – sottolinea Luigi Bartalena, professore di Endocrinologia all’Università dell’Insubria e direttore della Endocrinologia dell’Ospedale di Circolo a Varese. – Ma le maggiori speranze sono riposte nei nuovi farmaci biologici: si attendono i risultati del trial sull’utilizzo del tocilizumab che ha come target il recettore del interleuchina 6».
«L’orbitopatia basedowiana – aggiunge Andrea Giustina – rimane una condizione non sempre risolvibile non essendo scarsamente influenzata dalla terapia tireostatica ed anche non sempre responsiva ai glucocorticoidi».
Studio su teprotumumab per l’orbitopatia basedowiana
Risultati molto promettenti sono venuti dallo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine che ha valutato teprotumumab nell’orbitopatia basedowiana.
Teprotumumab è un anticorpo monoclonale diretto contro il recettore dell’IGF-1.
La ricerca ha svelato risultati sorprendenti proprio sull’esoftalmo, che notoriamente risponde poco ai trattamenti immunosoppressivi.
Nello studio multicentrico in doppio cieco con placebo sono stati valutati 88 pazienti assegnati casualmente al placebo o al trattamento con teprotumumab somministrato per via endovenosa una volta ogni tre settimane.
L’obiettivo primario era valutarne gli effetti sulle complicazioni oculari con una riduzione di almeno due punti su una scala da 0 a 7 (dove un punteggio superiore a 3 indica una oftalmopatia tiroide-correlata attiva).
A 6 settimane di trattamento il 43% dei volontari assegnati al farmaco biologico aveva raggiunto l’obiettivo prefissato. contro il 4% di quelli assegnati al gruppo del placebo.
Questi risultati dovranno essere confermati da studi che mettano a confronto il nuovo farmaco biologico con l’attuale terapia di prima linea (i glucocorticoidi per via endovenosa) dell’orbitopatia basedowiana.