Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono la malattia di Crohn e la colite ulcerosa.
Le MICI sono caratterizzate da un andamento recidivante e remittente e coinvolgono diverse parti dell’apparato gastrointestinale causando dolori addominali e diarrea.
La colite ulcerosa è una malattia localizzata nel colon. Una volta tolto il colon, l’organo bersaglio, il malato può dirsi guarito. La malattia di Crohn può colpire ogni distretto, dalla bocca in giù. In secondo luogo, nella colite ulcerosa, in quanto tale, gli effetti (diarrea, sanguinamento ecc.) rendono la vita impossibile. Nella malattia di Crohn ci sono vari livelli di condizione: quando questi si fanno più acuti e complicati, l’operazione diventa inevitabile, essendo a rischio la vita del paziente. Nell’80% dei casi, la malattia di Crohn coinvolge l’intestino tenue, di solito interessa il Colon destro e comporta la formazione di fistole, masse, ascessi e lesioni perianali.
Spesso, le MICI interessano anche altri organi e si manifestano come disturbi che possono seguire o meno le riacutizzazioni della malattia. Questi disturbi comprendono:
- artrite,
- episclerite,
- eritema,
- spondilite anchilosante,
- sacroileite,
- uveite,
- stomatite aftosa.
Altri disturbi, inoltre, sono invece conseguenze della malattia o della resezione di tratti intestinali:
- calcolosi renale dovuta a eccessivo assorbimento alimentare di ossalati,
- compressione ureterale da parte dei tratti intestinali infiammati,
- amiloidosi secondaria a patologia infiammatoria e suppurativa di lunga durata,
- carenze di vitamine liposolubili, vitamina B12 o minerali dovute a malassorbimento con conseguenti anemia, disturbi della coagulazione e demineralizzazione ossea,
- alterato riassorbimento ileale dei sali biliari,
- amiloidosi,
- tromboembolia venosa.
Anche per questi disturbi, le malattie infiammatorie croniche intestinali impattano in maniera significativa sulla qualità di vita dei soggetti affetti.
L’imprevedibilità delle recidive, inoltre, rende difficile una serena pianificazione dei propri impegni quotidiani familiari, sociali e lavorativi. L’impatto delle MICI dunque è di carattere sia clinico sia psicologico.
«Le malattie infiammatorie croniche intestinali hanno un notevole impatto sulla quotidianità del soggetto affetto: scuola e università, attività lavorativa, vita sociale e familiare possono essere colpite a causa di assenteismo, depressione, mancato guadagno, assenza dal lavoro per malattia, difficoltà nelle relazioni personali, discriminazione – spiega Fernando Rizzello, segretario nazionale dell’IG-IBD (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease). – Questi sono alcuni degli aspetti più frequentemente riportati dalle indagini svolte in varie nazioni».
L’infiammazione è dovuta a una reazione immunitaria cellulo-mediata della mucosa gastrointestinale. La risposta immunitaria coinvolge il rilascio di mediatori dell’infiammazione come le citochine, le interleuchine e il TNF.
L’eziologia precisa rimane sconosciuta. Tuttavia è stato osservato che la reazione immunitaria anomala è innescata in presenza di predisposizioni genetiche multifattoriali. Inoltre, sono state individuate diverse mutazioni geniche che conferiscono un più alto rischio di malattia di Crohn e alcune correlate alla colite ulcerosa.
Fattori di rischio delle malattie infiammatorie croniche intestinali
È evidente una predisposizione familiare molto maggiore nella malattia di Crohn che nella colite ulcerosa.
Alcuni farmaci possono esacerbare o aumentare il rischio di malattie infiammatorie croniche intestinali, come FANS, contraccettivi orali, isotretinoina o antibiotici assunti durante l’infanzia.
Il fumo di sigaretta sembra favorire la malattia di Crohn e ridurre il rischio di colite ulcerosa. Anche l’appendicectomia, eseguita come trattamento dell’appendicite, sembra diminuire il rischio di colite ulcerosa.
Diffusione delle MICI
Le MICI colpiscono in uguale misura entrambi i sessi e possono presentarsi in qualsiasi età, ma più frequentemente tra i 20 e i 30 anni di vita. Il 20% di tali patologie esordisce addirittura in età pediatrica. In questa fase giovanile, il soggetto impara che ha una patologia cronica, destinata a perdurare per tutto il corso della propria vita; sarà obbligato a prendere costantemente medicine, dovrà sottoporsi regolarmente a controlli e talvolta a interventi chirurgici.
«L’incidenza di queste malattie è in costante aumento, sia a livello nazionale che a livello globale – spiega Fernando Rizzello. – Attualmente si stima che in Italia siano affette da colite ulcerosa o malattia di Crohn tra le 200 e le 250mila persone. Non tantissime, ma sufficienti per destare l’attenzione».
Trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali
Malattia di Crohn e colite ulcerosa vengono trattate con terapia medica o chirurgica in relazione alla presenza di possibili complicanze e alla gravità e/o complessità dello stato di malattia.
Le diete non hanno dimostrato benefici significativi in studi controllati. La gestione dello stress, invece, può essere molto utile.
Circa il 50% dei pazienti con malattia di Crohn e il 20% dei pazienti con colite ulcerosa infatti necessitano di intervento chirurgico entro 10 anni dalla diagnosi. Il trattamento chirurgico può ulteriormente impattare sulla qualità di vita dei pazienti.
La gestione delle malattie infiammatorie croniche intestinali è notevolmente evoluta negli ultimi anni e, in parallelo alle nuove scoperte scientifiche che hanno permesso l’introduzione di nuovi farmaci e di tecniche diagnostiche più accurate, la centralità del paziente è diventata il punto di partenza per un approccio multidisciplinare di tipo diagnostico, terapeutico e sociale. Le MICI, infatti, pur essendo malattie che partono dall’intestino, arrivano a colpire le articolazioni, la pelle, gli occhi, il fegato e altri organi, quindi richiedono un approccio specialistico, interdisciplinare, con terapie combinate.
«Ad oggi, però, al paziente affetto da malattia infiammatoria cronica intestinale, viene offerta un’assistenza non uniforme sul territorio nazionale e ciò può comportare disorientamento tra i pazienti stessi e nei confronti dei nuovi approcci gestionali di diagnosi, trattamento e di monitoraggio delle malattie stesse» – denuncia Rizzello.
Trattamento farmacologico
I farmaci utilizzati nel trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali sono:
- acido 5-aminosalicilico (5-ASA, sulfasalazina, mesalazina, olsalazina, balsalazide, asacol, pentasa),
- corticosteroidi (adatti nelle riacutizzazioni quando gli ASA non sono indicati, non adatti nel mantenimento),
- farmaci immunomodulatori (azatioprina, metotrexato, ciclosporina),
- farmaci anticitochine (anticorpi anti-TNF: infliximab, certolizumab e adalimumab. Ac anti-interleuchina e interleuchine. Ac contro l’adesione di molecole leucocitarie: natalizumab),
- antibiotici (come metronidazolo e ciprofloxacina, rifaximina),
- probiotici (Escherichia coli, Lactobacillus, Saccharomyces non patogeni).
Trattamento chirurgico
Nella chirurgia delle malattie infiammatorie croniche intestinali, il primo obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita. Si tratta infatti di malattie che non sono direttamente fatali.
«Laddove c’è cultura e interdisciplinarietà la chirurgia non è l’estrema ratio, anzi in alcuni casi è addirittura il primo degli elementi della cascata terapeutica, come quei casi in cui la malattia è localizzata nell’ultimo tratto dell’intestino tenue e la situazione è già parzialmente compromessa – spiega Gilberto Poggioli, professore ordinario di chirurgia generale all’Università di Bologna e direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Generale all’Ospedale Sant’Orsola. – Va considerata uno strumento terapeutico come gli altri e non è detto che sia l’ultimo. Oggi poi con la chirurgia laparoscopica mini-invasiva, ove possibile, l’operazione può essere il primo passo seguito poi da una terapia medica».
Le malattie infiammatorie croniche intestinali e IG-IBD al Meeting Salute 2017
In occasione del Meeting Salute di Rimini (20-26 agosto 2017), è stato dedicato ampio spazio alle malattie infiammatorie croniche intestinali.
«In passato queste malattie portavano al decesso, con picchi, negli anni ’70, del 30-35% – specifica Fernando Rizzello, segretario nazionale dell’IG-IBD. – Oggi il rischio di mortalità legato alla patologia non è del tutto scomparso, ma i progressi scientifici hanno ridotto il dato all’1-2% circa».
La IG-IBD (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) è una società scientifica nata con lo scopo di promuovere la ricerca (clinica e di base) della malattia di Crohn, della Colite Ulcerosa e delle altre patologie infiammatorie idiopatiche del tratto gastrointestinale e di migliorare e diffondere le conoscenze per la cura di queste malattie. L’obiettivo della società è quello di favorire collaborazioni a livello nazionale e internazionale, valorizzandone ad esempio gli studi multicentrici, per potere fornire risposte a quesiti clinico-epidemiologici altrimenti difficilmente ottenibili. È importante sottolineare l’interdisciplinarietà della società e far emergere i profili e le figure di specialisti diversi che concorrono per un obiettivo comune: gastroenterologi, chirurghi, anatomo-patologi, biologi, nutrizionisti, statistici; impegnati sul territorio o in ambito ospedaliero o universitario.
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