La sepsi è la conseguenza di una grave risposta dell’organismo a un’infezione che danneggia tessuti e organi. Se non diagnosticata precocemente e trattata tempestivamente può avere esito fatale.
La definizione di sepsi è stata rivista nel febbraio 2016 dando maggiore enfasi al danno d’organo. Secondo questa definizione, la sepsi è una disfunzione d’organo generata da una risposta disregolata dell’ospite ad una infezione. Tale disfunzione mette in pericolo la vita del paziente, infatti, se non trattata adeguatamente e precocemente, può evolvere in breve tempo in shock settico. In questo caso la mortalità resta di circa il 50% dei casi, nonostante i progressi diagnostici e terapeutici. La sepsi è dunque una sindrome tempo-dipendente.
La sepsi rappresenta un’emergenza sanitaria in costante aumento. Colpisce 20-30 milioni di persone nel mondo, 250mila casi solamente in Italia, di cui 1 su 4 non sopravvive, per un totale di 60mila morti l’anno. Alcune stime prevedono che nel 2050 il numero dei casi di morte per sepsi supererà quello dei casi di morte per patologia neoplastica.
Questa emergenza è legata a doppio filo ad altri due problemi: le multi-resistenze e le infezioni ospedaliere. Le infezioni nosocomiali sopraggiungono in circa il 5-7% dei pazienti ricoverati negli ospedali italiani (fino al 15% nei reparti di terapia intensiva), 500-700mila casi in totale, con una mortalità del 3%. Le infezioni nosocomiali si differenziano da quelle comunitarie perché sono determinate da patogeni che hanno acquisito pattern di resistenza agli antibiotici sempre più difficili da trattare.
L’uso improprio o eccessivo di antibiotici è alla base dell’aumento del fenomeno della resistenza a questi farmaci. Determina, infatti, la selezione di ceppi di batteri multi-resistenti, specialmente all’interno delle strutture sanitarie.
Gaetano Privitera,direttore UOC Igiene ed Epidemiologia Universitaria, presidente SIMPIOS e coordinatore Area Funzionale Rischio Clinico, Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana, spiega:
«Nel nostro Paese le infezioni contratte in seguito ad assistenza sanitaria hanno una prevalenza di circa il 6%. Si tratta però di infezioni che possono essere anche molto gravi. Inoltre, in particolare in Italia si verificano, rispetto ad altri paesi, più casi di sepsi, con una mortalità importante. A ciò si accompagna il cambiamento dell’eziologia con la larga diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici:
- Staphylococcus aureus resistente alla meticillina,
- Escherichia coli produttore di beta-lattamasi a spettro allargato e ai fluorochinoloni,
- Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemici,
- Pseudomonas aeruginosa resistente ai carbapenemici,
- Acinetobacter calcoaceticus resistente ai carbapenemici».
Le società AMCLI, FADOI, SIAARTI, SIM, SIMEU e SIMIT raccomandano che la diagnosi in poche ore delle infezioni batteriche diventi opportunità concreta nei nostri ospedali. Salva vite umane, limita gli effetti collaterali degli antibiotici e riduce le resistenze.
«Quando parliamo di sepsi e antibioticoresistenza ci riferiamo a fenomeni time-dependent –precisa Pierangelo Clerici, presidente AMCLI, Associazione Microbiologi Clinici Italiani e direttore dell’Unità Operativa di Microbiologia dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale Ovest milanese. – Accorciare i tempi di passaggio dalla cosiddetta terapia empirica ragionata a quella ottimale, ovvero specifica rispetto al batterio che ha causato l’infezione, può consentire di ridurre notevolmente la mortalità da sepsi. Infatti, si stima che questa aumenti fino al 7% al trascorrere di ogni ora in cui il paziente è sottoposto a un trattamento antibiotico non appropriato».
Il metodo utilizzato per determinare la resistenza e la suscettibilità dei batteri, e dunque guidare la selezione e il dosaggio della terapia antibiotica ottimale per il singolo paziente, è l’analisi di suscettibilità antimicrobica (AST) basata sulla MIC (minima concentrazione inibente). I metodi AST tradizionali impiegano alcuni giorni per produrre risultati, rendendo necessario il ricorso alla terapia antibiotica ad ampio spettro.
«In presenza di un’infezione microbica abbiamo invece bisogno di velocità di esecuzione e di precisione del test diagnostico, perché quanto prima si arriva alla diagnosi, tanto migliore, rapida ed efficace sarà la terapia. Esistono già tecnologie innovative che consentono di avere una diagnosi clinica in sole 7 ore contro i 2-3 giorni delle strumentazioni tradizionali, ma sono ancora poco diffuse. Dotarsi di queste tecnologie è diventato, per gli ospedali, un requisito indispensabile per diminuire la mortalità, migliorare gli outcome di salute e ridurre gli effetti collaterali degli antibiotici e le resistenze» – ha spiegato Antonio Chirianni, presidente SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali.
«Ogni singola ora è importante per i pazienti colpiti da gravi infezioni. Una terapia antibiotica mirata precoce è il modo più efficace per salvare vite umane e limitare gli effetti avversi e i costi dei trattamenti empirici ad ampio spettro – spiega Stefania Stefani della SIM, Società Italiana di Microbiologia, Professore di Microbiologia dell’Università di Catania. – La terapia empirica in epoca di infezioni da microrganismi multi-resistenti (MDR: Multi-Drug Resistant) può non essere adeguata fino al 25% dei pazienti affetti da alcune infezioni del sangue. Risulta pertanto cruciale una diagnostica microbiologica rapida atta a identificare il patogeno e il suo profilo di antibiotico-sensibilità, consentendo l’ottimizzazione della terapia antibiotica nel più breve tempo possibile».
Si prevede che entro il 2050 nel mondo ogni anno 10 milioni di persone moriranno per infezioni resistenti agli antibiotici, più delle vittime del cancro (8,2 milioni) e degli incidenti stradali (1,2 milioni) messe insieme. Si calcola, inoltre, che addirittura 1 paziente su 2 muoia in seguito a infezione nosocomiale sostenuta da batteri multi-resistenti. Per contrastare questo fenomeno, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitensi raccomandano il ricorso a strumenti diagnostici che permettano una diagnosi più precoce e precisa, in grado anche di limitare fortemente l’utilizzo inappropriato degli antibiotici.
«I pazienti critici che necessitano di cure intensive nei reparti di anestesia e rianimazione sono esposti a un più alto rischio di contrarre infezioni che possono mettere a rischio la loro sopravvivenza – afferma Antonio Corcione, presidente SIAARTI, Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva. – Ridurre di 2 giorni le ospedalizzazioni, grazie a una risposta immediata dei test diagnostici di suscettibilità antimicrobica, significa limitare l’esposizione al rischio di infezioni in ambiente ospedaliero e, al tempo stesso, i costi dei ricoveri. In tal senso, l’innovazione tecnologica va considerata come un driver dell’appropriatezza, in grado di migliorare la salute delle persone e salvare vite umane, ma anche consentire risparmi grazie a processi di cura più efficaci».
«In presenza di shock settico, è stato dimostrato che la rapidità della diagnosi microbiologica e l’impostazione di una terapia antibiotica appropriata sono essenziali e dovrebbero avvenire già entro le prime 6 ore, al fine di poter ridurre la mortalità associata, in particolar modo per le infezioni ospedaliere sostenute da batteri multi-resistenti – ha spiegato Bruno Viaggi, membro del CTS GiViTI(Grupppo italiano per la valutazione degli interventi in terapia intensiva, Istituto Mario Negri. – Affinché ciò avvenga è indispensabile promuovere una più stretta collaborazione e sinergia tra clinici e microbiologi, che consenta di sfruttare al massimo le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie in termini di rapidità e precisione dei risultati di identificazione e di suscettibilità microbica».
«I tassi di ospedalizzazione per sepsi hanno ormai superato l’incidenza di infarto miocardico. La diagnostica, migliorando la rapidità e l’accuratezza dei risultati e dunque ottimizzando la terapia antibiotica, può dare un contributo importante per scongiurare un aumento della mortalità associata alla malattia – dichiara Maria Pia Ruggieri, presidente SIMEU, Società Italiana di Medicina di Emergenza ed Urgenza. – Il successo dipende dal coordinamento tra pronto soccorso, medicina d’urgenza e terapia semintensiva e intensiva. Gli ospedali giocano un ruolo fondamentale nel ridurre il trend della resistenza e preservare l’utilità degli antibiotici per i pazienti del futuro».
«La sepsi è una delle cause principali di arrivo al pronto soccorso in codice giallo e codice rosso. Quasi tutti i pazienti afferiscono alla Medicina Interna, che rappresenta il primo reparto di ricovero, con una percentuale di pazienti settici sul totale dei ricoverati intorno al 4-5%. Abbiamo a che fare con un’infezione sistemica, dall’esito spesso infausto, che va aggredita immediatamente» – aggiunge Dario Manfellotto, presidente eletto FADOI, Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti.
«Elementi decisivi per una prognosi favorevole sono pertanto la tempestività della diagnosi e la personalizzazione della terapia. Le tecnologie innovative consentono di limitare a poche ore i tempi dei test di suscettibilità agli antibiotici ma è necessario che esse si traducano in un’opportunità concreta nei nostri ospedali» – precisa Andrea Fontanella, presidente FADOI.
È questo il messaggio univoco delle Società scientifiche ed esperti in materia: investire in tecnologie d’avanguardia deve diventare sempre di più una scelta strategica per il Servizio sanitario e per le singole strutture ospedaliere al fine di contrastare i fenomeni emergenziali delle infezioni e dell’antibiotico-resistenza.
L’innovazione, infatti, rappresenta un investimento costo-efficace in grado di rispondere alle aspettative di cura di clinici e pazienti, ma anche alle esigenze di sostenibilità, grazie alla possibilità di ridurre i costi di gestione del paziente critico.
La giornata mondiale della sepsi
La giornata mondiale della sepsi, che si celebra ogni anno il 13 settembre, è l’occasione per molte società scientifiche per ribadire la portata di questi fenomeni e sollecitare contromisure efficaci e sostenibili.
Le società coinvolte sono:
- AMCLI (Associazione Microbiologi Clinici Italiani),
- FADOI (Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti),
- SIAARTI (Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva),
- SIM (Società Italiana di Microbiologia),
- SIMEU (Società Italiana di Medicina di Emergenza ed Urgenza),
- SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali).
Il tema dell’antibioticoresistenza sarà anche al centro del G7 della Salute, in programma a novembre 2017 a Milano.
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