Ammontava a $9.2 miliardi nel 2016, con una previsione di crescere del 3,8% l’anno fino al 2026 (fino a $13.4 miliardi di dollari) il mercato dei farmaci per la malattia di Crohn nei principali sette paesi (Stati Uniti, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Francia e Giappone). Il morbo di Crohn è una delle forme con cui si presenta la inflammatory bowel disease (IBD), insieme alla colite ulcerante, e si manifesta con l’alternarsi si periodi di crisi e di remissione dei sintomi, che hanno un’eziopatgenesi complessa. Uno dei target principali della terapia è dato dalla gestione delle fistole perianali, che rappresenta ancora un’area di bisogno medico disatteso. “Crediamo anche che i biomarcatori utilizzati per monitorare la malattia, la gestione medica delle fistole perianali e l’aderenza dei pazienti alla terapia di mantenimento rappresentino ambiti significativi di bisogno disatteso per quanto riguarda la malattia di Crohn”, ha commentato la senior analyst di GlobalData, Alexandra Annis.
I nuovi principi attivi
Ustekinumab (Stelara), l’inibitore dell’interleuchina 12/23 di Johnson & Johnson, dovrebbe dare la spinta maggiore alla crescita, secondo gli analisti di GlobalData che hanno redatto il nuovo report ‘PharmaPoint: Crohn’s Disease – Global Drug Forecast and Market Analysis to 2026’. A questo si dovrebbero aggiungere molti nuovi prodotti in fase di lancio nei prossimi mesi, come l’inibitore IL-23 risankizumab di AbbVie e terapie anti-integrine come etrolizumab di Genentech o il vedolizumab sottocutaneo di Takeda. Altre novità in arrivo sugli scaffali delle farmacie includono il filgotinib sviluppato da Galapagos insieme a Gilead, mongersen sodio di Celgene, e SHP-647 sviluppato da Shire.
I nuovi principi attivi dovrebbero permettere di colmare i problemi di efficacia che hanno caratterizzato i trattamenti attualmente in uso a base di agenti anti-TNF, che Annis attribuisce a complicanze della malattia, alterazioni del metabolismo del farmaco, assunzione contemporanea di altri medicinali e formazione di anticorpi contro il farmaco. “Tra i farmaci biologici, solo gli anti-TNF hanno mostrato un’efficacia significativa nella gestione delle fistole perianali. Manca ancora un trattamento medico efficace, e la chirurgia è spesso inevitabile. Attualmente, il deviare i pazienti su altri agenti anti-TNF è la strategia più frequentemente applicata per i pazienti che mostrano una perdita di risposta”, ha sottolineato l’analista.