I batteri resistenti agli antibiotici “evadono” dalle strutture sanitario-assistenziali e minacciano le comunità: ormai le infezioni urinarie extraospedale sono resistenti nel 15% dei casi. L’European Antibiotic Awareness Day (18 novembre) è stato l’occasione per un ulteriore richiamo a intensificare la lotta contro i batteri antibiotico-resistenti.
Le iniziative più recenti per contrastare l’antibioticoresistenza sono state presentate all’International Meeting on Antimicrobial Chemotherapy in Clinical Practice (ACCP) della SITA (S. Margherita Ligure, 16/11/2017):
- nel settembre 2017, il Governo italiano vara il Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR),
- La stessa Società Italiana di Terapia Antinfettiva (SITA) emana le prime Linee Guida per la prevenzione e cura dell’infezione da Klebsiella pneumoniae carbapenemasi-produttrice KPC. (Queste linee guida sono state accettate il 23/08/2017 per la pubblicazione come expert opinion su Clinical Microbiology and Infection),
- Inoltre, due importanti società scientifiche europee, ESCMID (European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases) e ESICM (European Society of Intensive Medicine), lanciano ANTARCTICA (ANTimicrobiAl Resistance CriTIcal CAre), una vera e propria alleanza europea contro le antibiotico-resistenze nelle terapie intensive.
Le situazioni di maggiore rischio nell’ambito delle antibiotico-resistenze sono due in particolare:
- la prima è rappresentata dalle Unità di Terapia intensiva, contesto sanitario ad alta concentrazione di uso di antibiotici e nel quale i pazienti sono più suscettibili di infezioni resistenti.
- L’altro scenario di crisi è rappresentato dalle strutture per lungodegenti o case di riposo, dove si crea l’habitat perfetto per la resistenza microbica a causa dell’affollamento, dell’uso massiccio di antibiotici e della scarsa infection control. Alcuni dati mostrano che nelle RSA i pazienti siano portatori di germi resistenti in oltre il 50% dei casi.
Ma anche al di fuori delle strutture sanitarie, ospedaliere ed extra-ospedaliere, la situazione inizia a farsi preoccupante. In Italia vi è una prevalenza tra il 10-15% di Enterobatteri tipo ESBL che causano infezioni urinarie. Una donna su dieci con una cistite, una delle infezioni più frequenti in assoluto, la potrebbe potenzialmente acquisire da un germe resistente sul quale i comuni antibiotici non funzionano più.
L’antibioticoresistenza nelle Unità di Terapia intensiva
L’antibioticoresistenza rappresenta un pericolo per tutti i pazienti e in misura maggiore per quelli ricoverati in terapia intensiva a causa dell’intensità dei trattamenti, dell’uso di strumenti invasivi e dell’esposizione continuativa all’uso di antibiotici.
Nonostante esistano prove scientifiche sui benefici derivanti dalla diminuzione dell’uso di antibiotici, una riduzione viene applicata soltanto nel 20-50% dei casi dei pazienti ricoverati in terapia intensiva.
Studi dimostrano che ogni anno circa 25.000 pazienti contraggono infezioni antibiotico resistenti. Il numero è destinato a crescere e da qui al 2050 i superbatteri saranno responsabili di almeno 10 milioni di decessi annui, di cui 390.000 in Europa (in particolare l’Europa Meridionale sembra sia più esposta alla proliferazione di patogeni resistenti).
Nonostante queste premesse, ANTARCTICA ritiene possibile vincere la battaglia contro l’antibiotico resistenza in quanto:
- si conoscono i meccanismi alla base dello sviluppo e della diffusione del fenomeno di antibiotico resistenza;
- sono disponibili tecnologie che permettono di diagnosticare rapidamente le infezioni e accertare il coinvolgimento di patogeni antibiotico resistenti;
- si stanno rendendo disponibili nuovi antibiotici specificamente mirati contro i germi resistenti e molti altri sono in fase di studio. Allo stesso tempo, sono in fase di sviluppo anche strategie non farmacologiche per trattare le infezioni gravi;
- sono in aumento i programmi di prevenzione e controllo della diffusione di infezioni resistenti.
L’Alleanza ANTARCTICA contro le infezioni antibiotico resistenti ha messo a punto un vero e proprio piano strategico, articolato in quattro ambiti, che ha per obiettivi:
- promuovere un migliore uso degli antibiotici, soprattutto nei pazienti ricoverati in Unità di terapia intensiva,
- migliorare le tecniche di diagnosi e cura, cercando di avere più dati microbiologici per capire quali siano i germi che circolano nelle strutture ospedaliere,
- incrementare gli studi clinici sui nuovi antibiotici all’interno delle terapie intensive,
- favorire la raccolta di dati europei di sorveglianza che permettano di conoscere quali e quanti germi resistenti circolano negli ospedali e nelle terapie intensive.
Piano di intervento di ANTARCTICA
1. Stratificazione del rischio
· Identificare i fattori di rischio per ogni multiresistenza
· Studiare l’impatto dei diversi antibiotici sullo sviluppo delle multiresistenze
2. Diagnosi
· Sviluppare e valutare strumenti per:
– diagnosi precoce di sepsi
– differenziazione precoce fra infezione e infiammazione, e tra infezione e colonizzazione
– individuazione rapida e identificazione dei patogeni e dei loro schemi di resistenza
· Migliorare i metodi per testare rapidamente la suscettibilità fenotipica
3. Terapia
· Ottenere da pazienti in terapia intensiva i dati di farmacocinetica per tutti gli antibiotici disponibili
· Chiarire il ruolo delle combinazioni di farmaci nelle infezioni multi-resistenti
· Individuare una strada diversa per la somministrazione di antibiotici (ad es. antibiotici nebulizzati)
· Migliorare il monitoraggio dei farmaci
4. Prevenzione
· Chiarire il ruolo delle strategie di decontaminazione.
L’antibioticoresistenza nelle strutture di lungodegenza extra-ospedaliere
Nell’ambito delle antibiotico-resistenze un fenomeno molto preoccupante è rappresentato dalla “evasione” dei super batteri al di fuori degli ospedali. A rischio sono in particolare le strutture di cura extra-ospedaliere come case di riposo o RSA.
«Il problema delle antibiotico-resistenze non è più confinato agli ambienti ospedalieri, ma sta sempre più diventando un problema anche extra-ospedaliero – speiga Matteo Bassetti, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine e Università di Udine, vice-presidente Società Italiana di Terapia Antinfettiva (SITA). – Bisogna distinguere nettamente due diverse situazioni per quanto riguarda l’extra-ospedale: la situazione delle case di riposo o delle cosiddette strutture per lungodegenti e la comunità vera e propria. Un conto è l’anziano che acquisisce un’infezione urinaria in una casa di riposo, un altro è la giovane donna che a 30 anni contrae un’infezione delle vie urinarie a casa propria».
«Purtroppo, nella prima situazione stiamo vedendo numeri impressionanti di germi resistenti perché in quelle strutture si crea l’habitat perfetto per la resistenza microbica: affollamento, esteso uso di antibiotici (perché questi pazienti spesso portano cateteri, hanno problemi respiratori ecc.) e bassa soglia di igiene, cioè scarso infection control. Infatti, all’interno di questi setting i pazienti sono portatori di germi resistenti in oltre il 50% dei casi. Parliamo tradizionalmente di germi tipo ESBL, cioè enterobatteri produttori di betalattamasi ad ampio spettro, che inattivano in pratica tutte le penicilline, MRSA stafilococco aureus meticillino resistente e anche enterococco vancomicino-resistente, oltre ad altri microrganismi resistenti. Quindi, il setting delle case di riposo rappresenta un’importante minaccia per le persone ospitate» – aggiunge Matteo Bassetti.
L’antibioticoresistenza all’esterno delle strutture sanitarie e assistenziali
«Il problema completamente esterno a ogni tipo di situazione ospedaliera è rappresentato da tutte quelle infezioni che si verificano nei soggetti anche senza fattori di rischio per un germe resistente. In Italia vi è una prevalenza tra il 10% e il 15% di ESBL negli enterobatteri che causano infezioni urinarie. Una donna su dieci che ha una cistite, una delle infezioni più frequenti in assoluto, potrebbe averla acquisita da un germe resistente ai comuni antibiotici – continua Matteo Bassetti. – Quindi le cistiti, le prostatiti o i problemi respiratori magari ricorrenti, nel 15% dei casi sono dovuti a germi resistenti, e quindi potrebbero necessitare del ricovero in ospedale per instaurare una terapia antibiotica per via endovenosa, perché gli antibiotici in compresse comunemente utilizzati per queste infezioni non funzionano più».
«Klebsiella pneumoniae carbapenemasi-produttrice oggi è il vero super batterio killer. Questo batterio può causare una serie molto ampia di infezioni, come quelle del tratto urinario, delle vie respiratorie, infezioni da cateteri, infezioni addominali, fino a osteomieliti. È diventato resistente a tutti gli antibiotici in oltre il 50% dei casi nel nostro Paese. KPC vuol dire resistente ai carbapenemi, che rappresentano l’ultimo baluardo nei confronti di questo tipo di infezioni. Quindi – sottoline Bassetti – per trattare le Klebsielle, che arrivano ad avere una mortalità di oltre il 50% non ci sono grandi armi in questo momento».
«Le uniche opzioni sono cocktail di antibiotici diversi per far sì che almeno uno funzioni e che si potenzino uno con l’altro, oppure cercare di utilizzare nuove molecole. Purtroppo in Italia in questo momento non abbiamo neanche un antibiotico in commercio per la terapia di queste infezioni. Le linee guida della SITA forniscono alcuni suggerimenti su come gestire al meglio queste infezioni dal punto di vista della prevenzione e della terapia. Il messaggio più forte riguarda la necessità di trattare queste infezioni con più di un antibiotico, ovvero con la cosiddetta terapia di combinazione» – conclude Matteo Bassetti..
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