IQVIA, provider globale di informazioni in campo sanitario, ha analizzato i risparmi sanitari resi possibili grazie all’immissione sul mercato dei biosimilari. Tali risparmi contribuiscono a rendere maggiormente sostenibile e quindi accessibile i trattamenti.
Secondo i dati riportati nel report di IQVIA «Farmaci biologici e biosimilari: scenari terapeutici e stima del risparmio per il Sistema Sanitario italiano», la competizione indotta dall’ingresso dei biosimilari nel mercato ha contribuito a una riduzione dei prezzi e a una maggiore sostenibilità del trattamento, introducendo quindi per i prossimi 5 anni una prospettiva di risparmio medio e cumulato significativo per il Sistema Sanitario Nazionale.
Nel report si considerano otto biologici:
- adalimumab,
- bevacizumab,
- insulina lispro,
- oxaparina sodica,
- pegfilgrastim,
- ranibizumab,
- teriparatide,
- trastuzumab.
Ipotizzando una riduzione del prezzo del 20% dettata dalla competizione diretta dei biosimilari per questi otto biologici, il risparmio medio generato è di quasi 60 milioni di euro per anno.
Nell’ipotesi di uno scenario di riduzione dei prezzi pari al 30%, nello stesso periodo, invece il risparmio cumulato potrebbe variare tra 299 milioni di euro a 448 milioni di euro.
Come spiega il report, l’evoluzione dei farmaci biosimilari negli ultimi 10 anni ha reso ormai chiaro e condiviso il ruolo fondamentale che questi prodotti hanno nel circolo virtuoso dell’innovazione farmaceutica e nella sostenibilità dei sistemi sanitari.
Considerando gli otto medicinali biologici indicati, si raggiunge un valore totale nell’anno 2017 che supera 1 miliardo di euro. Nei prossimi cinque anni si stima una spesa cumulata di quasi 6,5 miliardi di Euro, nell’ipotesi di assenza di competizione da parte di alcun biosimilare.
A livello globale, il report sottolinea che negli ultimi 5 anni il mercato dei farmaci biologici è cresciuto del 57% a fatturato, fino a raggiungere i 267 miliardi di dollari, passando dall’8% di market share nel 2012 a una crescita dell’11% nel 2017.
Il report permette di identificare due principali fattori grazie ai quali il mercato dei biologici evolverà nei prossimi 5-10 anni:
- l’introduzione di farmaci biologici in aree terapeutiche nelle quali sono finora stati assenti,
- la competizione con i biosimilari.
I farmaci biosimilari, come tutti i prodotti di origine biotecnologica, sono approvati e autorizzati per l’immissione in commercio attraverso una procedura centralizzata nella quale i comitati scientifici di EMA valutano gli studi di comparabilità del biosimilare con il farmaco originator.
Il Secondo Position Paper AIFA pubblicato nel marzo 2018 ha ribadito la possibilità di interscambiare i farmaci biosimilari con gli originator anche nei pazienti già in cura, poiché il rapporto rischio-beneficio dei biosimilari è il medesimo di quello degli originatori di riferimento.
L’uptake dei biosimilari nel contesto europeo
In Europa, nel 2017, l’uptake dei biosimilari è stato diverso da Paese a Paese:
- infliximab ha raggiunto il 100% dell’uptake in quattro paesi dell’UE (Finlandia, Norvegia, Polonia e Danimarca), mentre nei paesi extra-europei non ha superato il 5%;
- etanercept ha raggiunto la copertura totale dei pazienti in Danimarca, mentre in Spagna e in Francia la penetrazione si è assestata sotto il 10%;
- insulina glargine ha avuto una diffusione minore;
- rituximab ha raggiunto l’adozione di quasi il 70% in UK e soltanto del 10% in Spagna.
Penetrazione dei biosimilari in Italia
Nell’Europa a 5, l’Italia si colloca in una posizione medio-alta nella classifica relativa alla penetrazione dei biosimilari. La situazione resta però frammentata
- infliximab, per il quale il primo biosimilare è stato lanciato nel 2015, ha raggiunto una penetrazione del 60,9% nel 2017;
- G-CSF del 94%;
- epoietina del 69%;
- ormone della crescita del 67%;
- anti-TNF del 34%,
- insulina glargine del 15%;
- FSH dell’11%.
Diffusione dei biosimilari nelle Regioni italiane
A livello locale, le Regioni che per prime hanno emanato regolamenti e instaurato politiche volte a promuovere l’ingresso dei biosimilari nei piani terapeutici hanno un’alta penetrazione di biosimilari (Toscana, Emilia-Romagna, Campania, Sicilia e Piemonte/Val d’Aosta).
Le Regioni che hanno stilato regolamenti tardivi e poco focalizzati hanno invece una bassa penetrazione dei biosimilari (Lazio, Umbria, Sardegna e, con l’eccezione di anti–TNF, Lombardia).
Trentino e Liguria, secondo il report, hanno prodotto regolamenti poco focalizzati, ma sono riuscite a ottenere market share per i biosimilari superiori alla media nazionale del 25%.
Le altre Regioni, pur promuovendo politiche mirate a favore dell’uso di questi farmaci, mantengono una penetrazione del mercato bassa.