L’importanza del comparto chimico italiano è stata sottolineata nell’ultima assemblea di Federchimica, tenutasi a Milano lo scorso 28 ottobre. Un dato su tutti riassume il ruolo del comparto per tutta la manifattura del Paese e lo ha ribadito il presidente della Federazione Francesco Buzzella. «Senza chimica non c’è industria – ha dichiarato –: i prodotti chimici sono componenti essenziali del 95% dei manufatti di uso quotidiano o di applicazioni strategiche anche per la transizione, quali le batterie o i pannelli solari». La transizione ecologica in atto in Europa, però, mette a dura prova la sostenibilità economica del settore, che ha elaborato una serie di proposte da sottoporre alle istituzioni per ridurre l’impatto del processo. «Paghiamo un prezzo carissimo – ha dichiarato Buzzella – quello di una normativa che favorisce il primato ecologico dell’Europa a dispetto della competitività industriale, in un mercato che premierà invece altri Paesi, meno virtuosi sotto il profilo ambientale. Infatti, il 75% delle chiusure mondiali di stabilimenti riguarda l’Unione Europea, a fronte di nuovi investimenti che si concentrano nelle altre parti del mondo».
I dati del settore chimico
In Italia l’industria chimica conta oltre 2.800 imprese e 112mila addetti. Il comparto ha un valore complessivo di 67 miliardi di euro, esportando prodotti per quasi 40 miliardi. Attualmente è la quinta industria del Paese, ma ha subito due anni consecutivi di contrazione (-4,1% nel 2022 e -6,7% nel 2023). Le previsioni per la chiusura del 2024 sono di sostanziale stabilizzazione della produzione (+0,5%). Per la ripresa bisognerà invece attendere il 2025, anno per il quale si ipotizza una lieve crescita dell’1,2%, pur permanendo molte incognite e pressioni competitive. A gravare in modo particolare sul comparto sono i costi energetici. «La chimica – spiega Federchimica – utilizza fonti fossili (petrolio e gas naturale) sia a fini energetici sia come materie prime e, alla luce delle tecnologie disponibili attualmente, la loro integrale sostituzione non è praticabile. Per perseguire la transizione ecologica e fare fronte ai rincari di costo, le imprese chimiche stanno utilizzando ogni leva disponibile, quale l’impiego di combustibili e materie prime alternative, la ricerca di nuovi fornitori, la riformulazione dei prodotti oltre a intensificare gli investimenti in efficienza energetica, cogenerazione (produzione combinata di elettricità e calore), rinnovabili ed economia circolare».
Le proposte alle istituzioni
Per far fronte alle problematiche sopra descritte è stato realizzato uno studio condiviso tra tutte le Parti Sociali del settore. Il testo, intitolato “Chimica: competenza abilitante per il Made-in-Italy e per lo Sviluppo sostenibile” è stato curato da The European House Ambrosetti e riporta una serie di proposte strategiche rivolte alle istituzioni. Rivolgendo questo appello al Governo, il comparto vuole ribadire la sua convinzione che una politica industriale per la chimica sia funzionale non solo alle imprese e agli addetti del settore, ma al Paese. Tra i punti principali del piano proposto nello studio, il primo riguarda la necessità di rendere l’energia disponibile a costi competitivi. Altro fattore chiave sottolineato per sostenere la decarbonizzazione della chimica, è l’esigenza di rafforzare i finanziamenti dei progetti di transizione, come la destinazione dei proventi ETS (Emissions Trading System) dei permessi per le emissioni di CO2. Il settore chiede poi un sistema normativo più favorevole agli investimenti e all’innovazione tecnologica e alla ricerca; azioni concrete a favore dell’economia circolare; e iniziative volte a colmare il divario di competenze a favore della competitività delle Imprese e dell’occupabilità delle risorse umane.