Il recettore GPR17 è stato già da anni identificato svolgere un ruolo fondamentale nella progressione e riparazione del danno cerebrale in vari modelli preclinici, incluso l’ictus, e potrebbe rappresentare in futuro anche un interessante bersaglio per terapie rigenerative anche nell’uomo.
“Poiché GPR17 è regolato anche da farmaci già in commercio sull’uomo per altri usi, questi risultati aprono la strada al riposizionamento di queste molecole anche per l’ictus umano”, ha commentato Maria Pia Abbracchio, direttrice del Laboratorio di Farmacologia molecolare e cellulare della trasmissione purinergica dell’Università Statale di Milano.
L’obiettivo è supportato dalla recente pubblicazione su The Journal of Pathology dei risultati di una ricerca condotta da un gruppo internazionale di scienziati coordinati da Marta Fumagalli (UniMI) e Kate Lykke Lambertsen (Università della Danimarca Meridionale).
I principali risultati dello studio
Obiettivo della ricerca è stato far luce sul ruolo del recettore GPR17 nei tessuti cerebrali umani dopo un ictus ischemico. A tal fine, sono stati utilizzati i campioni della Danish Brain Bank, una delle maggiori collezioni d’archivio al mondo, per caratterizzare l’espressione di GPR17 in campioni autoptici di cervello umano provenienti da casi di ictus ischemico.
I risultati ottenuti indicano che GPR17 si localizza specificamente in una sottopopolazione di oligodendrociti immaturi che si accumulano nell’area circostante la lesione ischemica e la cui densità aumenta progressivamente nel tempo dopo l’evento ischemico. “Questo studio dimostra il grande valore della collezione di campioni autoptici della Danish Brain Bank, un risorsa disponibile alla comunità scientifica e prezioso strumento per promuovere il valore traslazionale dei progetti di ricerca, avvicinando i risultati a future applicazioni cliniche“, ha commentato Martin Wirenfeldt, responsabile della Danish Brain Bank.
È stata inoltre evidenziata una correlazione tra le cellule che esprimono GPR17 e l’attivazione della microglia, le cellule immunitarie residenti nel cervello. In particolare, nelle fasi croniche successive all’evento ischemico, che sono caratterizzate dall’accumulo di oligodendrociti immaturi che esprimono GPR17, è stato possibile osservare che le cellule infiammatorie passano da un fenotipo fagocitico (coinvolto nella “pulizia” della lesione) a uno distrofico (che inibisce la riparazione e forma cicatrici).
“Questi dati suggeriscono che gli oligodendrociti avviano un processo rigenerativo per riparare la guaina mielinica attorno alla lesione ischemica, ma un’infiammazione cerebrale dannosa blocca queste cellule in uno stadio immaturo”, ha spiegato Stefano Raffaele, primo autore dello studio.
“Mentre GPR17 è altamente espresso nelle cellule immature, viene progressivamente spento quando gli oligodendrociti diventano maturi e iniziano a produrre mielina“, ha aggiunto Marta Fumagalli, che col suo gruppo di ricerca studia questi recettori da quasi vent’anni. “Nei modelli sperimentali di neurodegenerazione e danno cerebrale, l’espressione del recettore risulta fortemente aumentata negli oligodendrociti immaturi e si associa a perdita di mielina e a progressiva disabilità. Strategie farmacologiche che agiscono su questo recettore hanno mostrato effetti benefici“.