La gravità dell’emergenza di lungo tempo in corso negli Stati Uniti sull’utilizzo del fentanyl, la sostanza oppiacea il cui abuso può portare anche alla morte, e di altre droghe (insieme all’entrata illegale nel paese di immigrati dal Messico) sarebbe tale, secondo il presidente Usa Donald Trump, da giustificare la proclamazione dello stato di emergenza nazionale ai sensi dell’Emergency Economic Powers Act (IEEPA) (link alla nota riassuntiva della Casa Bianca).
Lo stato di crisi è risultato nella decisione, tra le prime del mandato, di istituire dazi doganali del 25% per l’import di prodotti da Canada e Messico e del 10% dalla Cina. Dazi che sono già stati sospesi per un mese, visto che i primi due paesi hanno concordato con l’amministrazione Trump delle azioni per contrastare i traffici illegali di droghe e le reti altrettanto illegali che ne garantiscono la distribuzione.
Le accuse rivolte dall’amministrazione Trump ai tre paesi interessati dalle misure doganali sono contenute nei tre ordini esecutivi disponibili sul sito della Casa Bianca (link per Cina, Messico, Canada), e vanno dalla presunta incapacità dei funzionari cinesi di agire per fermare il flusso di sostanze chimiche precursori verso noti cartelli criminali all’asserita alleanza tra le organizzazioni della droga messicane e il locale governo, al richiamo alla presunta crescita della presenza sul territorio canadese dei cartelli messicani impegnati nella sintesi del fentanyl e del nitazene (un oppioiaceo benzimidazolico sintetico di crescente diffusione come droga da strada).
La nota della Casa Bianca richiama il sequestro alle frontiere Usa, nel corso dell’ultimo anno fiscale, di oltre 21 mila libbre di fentanyl e una stima dei morti per l’uso di questa sostanze pari a 75 mila persone l’anno.
Le risposte di Cina, Canada e Messico
I commenti del portavoce dell’Ambasciata cinese negli Stati Uniti alle decisioni del presidente Trump sono stati pubblicati nei giorni scorsi sul sito della rappresentanza cinese. Secondo quanto riportato nella nota, il caso fentanyl è considerato un pretesto per l’imposizione dei dazi del 10%, motivo per cui il governo cinese ha anche avviato una procedura di consultazione presso la World Trade Organisation per risolvere la disputa (link).
Il portavoce dell’Ambasciata cinese ha richiamato anche il supporto dato dal paese asiatico agli Stati Uniti fin dal 2019 per risolvere i problemi legati alla sostanza di abuso, considerati essere un problema interno degli Usa e che come tali andrebbero perseguiti in modo razionale e oggettivo. In caso contrario, sottolinea la nota, potrebbe venire messa a rischio la cooperazione tra i due paesi nella lotta al narcotraffico e finanche le basi della cooperazione economica e commerciale tra Cina e Stati Uniti.
Il premier canadese Justin Trudeau ha richiamato, nel suo discorso al Parlamento (link), il fatto che l’emergenza fentanyl tocchi anche il paese della foglia d’acero e che sia stato già lanciato un piano da 1,3 miliardi di dollari. Nonostante Trudeau abbia indicato di considerare già sicure le frontiere con gli Stati Uniti, attraverso cui transiterebbe meno dell’1% della sostanza in questione, il premier canadese si è detto pronto ad agire ulteriormente per rafforzarle.
Nei giorni successivi, il governo canadese ha anche attivato un pacchetto di dazi nei confronti degli Usa per un totale di 155 miliardi di dollari (di cui $30 mld previsti nella prima fase di applicazione) (link). A seguito della buona volontà posta dal governo canadese nel risolvere positivamente la soluzione, il presidente Trump ha quindi pubblicato un nuovo ordine esecutivo che sospende l’applicazione dei dazi fino al prossimo 4 marzo.
In modo simile, anche il governo del Messico ha avviato delle azioni di contrasto sia al traffico illecito di sostanze che di persone al confine con gli Stati Uniti, che hanno risposto anche in questo caso con la sospensione dei dazi per un mese (link). Il Messico, in particolare, si è impegnato ad assegnare oltre 10 mila guardie nazionali al controllo piu’ serrato dei confini (link).