Sono stati presentati nel corso di un convegno all’Istituto superiore di sanità i risultati del progetto Interceptor, volto a individuare biomarcatori in grado di predire, tra le persone affette da disturbi cognitivi lievi, chi in seguito potrebbe avere maggiori probabilità di sviluppare l’Alzheimer. “L’EMA – ha dichiarato il presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco, Robert Nisticò – ha recentemente approvato il lecanemab, un anticorpo monoclonale che ripulisce il cervello della beta amiloide, la proteina che accumulandosi nel cervello può generare infiammazioni che portano alla neurodegenerazione e a disturbi come la perdita della memoria. Ma sull’efficacia del farmaco c’è ancora molta incertezza, perché rimuovere la beta amiloide non necessariamente ha un impatto positivo sul paziente in termini clinici e funzionali. Possiamo dire che questo, come altri già approvati dalla FDA americana, sono farmaci che rallentano il decorso della malattia, ma lo fanno in maniera transitoria e la loro efficacia a lungo termine è ancora tutta da verificare”.
Il presidente di AIFA ha anche evidenziato come l’Alzheimer sia una malattia molto complessa, che va aggredita sia con la prevenzione che con terapie in combinazione. Insieme ai biomarcatori, che consentiranno di fare diagnosi e capire meglio la prognosi del singolo paziente, saranno in futuro importanti anche le cosiddette terapie target, ha aggiunto Nisticò, capaci di colpire il bersaglio più adatto alla specifica situazione di ciascun paziente. “Questo nell’ambito di un approccio che è quello della medicina di precisione, alla quale AIFA sta lavorando con un Tavolo tecnico che raccoglie le più importanti società medico scientifiche e i rappresentanti dei medici”.