La rivoluzione non è all’orizzonte, è già qui. L’intelligenza artificiale generativa sta trasformando silenziosamente – ma inesorabilmente – l’intero ecosistema delle scienze della vita. Un cambiamento non solo tecnologico, ma culturale, organizzativo e competitivo. Se ne è discusso il 27 marzo a Milano in occasione dell’evento “Generative AI nelle life science”, organizzato da AboutPharma.

Una nuova mappa degli utenti AI

Nel cuore della trasformazione non c’è solo lo strumento, ma l’uso che se ne fa. Oggi il panorama degli utenti AI in ambito pharma si divide tra chi teme l’impatto etico, chi invoca maggior controllo, chi la utilizza per fare la differenza, e chi la spinge al massimo, senza freni. È chiaro: la velocità con cui si evolve la tecnologia non consente zone neutre. Se prima i termini come AI, agent, infrastructure servivano a impressionare investitori, oggi rappresentano l’ossatura di molte strategie di business. La traiettoria evolutiva, da machine learning a deep learning fino alla generative AI, sta aprendo la strada alla cosiddetta agentic AI, sistemi capaci di agire e decidere in autonomia. Per le aziende farmaceutiche significa una cosa sola: impatto reale sul business. Gli investimenti globali nel settore hanno già superato i 22 miliardi di dollari. L’adozione dell’AI non può essere solo top-down. Serve un cambio di paradigma culturale. Alcune aziende, come Pfizer, hanno scelto approcci diretti e centralizzati; altre, come Angelini Pharma, puntano su ambassador interni per stimolare coinvolgimento dal basso. In entrambi i casi l’obiettivo è lo stesso: ridurre la distanza tra tecnologia e persone, e abilitare nuovi modelli operativi.

Dai clinical trial al marketing

Le applicazioni della GenAI sono trasversali: dalla drug discovery alla sperimentazione clinica, fino alla compliance e al marketing. Le sfide? Ottimizzare i processi di approvazione, accelerare il time-to-market, migliorare l’interazione medico-informatore e garantire tracciabilità e sicurezza dei dati. Non basta adottare strumenti: serve formare competenze. AstraZeneca e Takeda, ad esempio, stanno investendo in programmi di upskilling interni, capaci di avvicinare anche i meno esperti al mondo dell’intelligenza artificiale. I risultati? Riduzione dei tempi operativi, maggiore autonomia e spinta all’innovazione trasversale. Sul fronte normativo la situazione resta fluida. L’intelligenza artificiale si muove oggi tra MDR, Ai Act e GDPR, in un quadro che sarà pienamente operativo solo tra il 2025 e il 2027. Intanto resta irrisolta la questione della titolarità delle creazioni AI, mentre si consolida una certezza: l’essere umano deve restare “nel loop”, sempre. Il settore life science è nel pieno di un’evoluzione accelerata. L’intelligenza artificiale generativa non è una promessa futuristica, ma una leva concreta di crescita, efficienza e trasformazione. Le aziende che sapranno abbracciarla – con strategia, formazione e governance – scriveranno il futuro del comparto. Le altre, semplicemente, ne resteranno escluse.