Il reshoring e lo shortage, ovvero il ritorno delle attività produttive nei Paesi d’origine e la carenza dal mercato di taluni farmaci essenziali, sono diventati temi centrali nel dibattito economico. Il Covid-19 ha messo in luce la fragilità del nostro sistema di approvvigionamento di molti prodotti, in particolare delle materie prime, intermedi e API. Dopo decenni di delocalizzazione verso regioni con costi di produzione più bassi, è esploso il rischioso dipendere da fornitori lontani e spesso concentrati in poche aree geografiche.1 Fare marcia indietro risulta essere un problema multifattoriale e, per alcuni, utopico. Le implicazioni politiche che i Governi si troveranno ad affrontare saranno veri e propri confronti indirizzati all’individuazione di nuovi e incentivanti approcci e programmi di regolamentazione, al fine di facilitare lo strategico rientro produttivo. Nonostante i benefici potenziali, il reshoring presenta molti punti deboli quali il costo elevato del lavoro, i volumi produttivi e il mantenimento della capacità competitiva globale, che nei Paesi in cui i costi del lavoro e le regolamentazioni ambientali sono di gran lunga più rigorose dei competitors può risultare, oltre che meno conveniente, addirittura una chimera.

Il rientro dai “paradisi produttivi” imporrebbe la ricostituzione delle infrastrutture, investendo miliardi di euro per superare ogni ostacolo in conformità ai dettami del “green deal”. Il reshoring e la lotta allo shortage rappresentano, pertanto, una provocazione complessa e il ritorno delle attività produttive appare non essere una soluzione semplice e immediata. Le Aziende e i Governi dovranno lavorare insieme, inventandosi politiche industriali e tecnologie innovative idonee a supportare l’iniziativa migliorando la resilienza delle “Supply Chain” mondiali. L’importazione di materie prime farmaceutiche da Paesi come Cina e India è di essenziale importanza per l’industria farmaceutica occidentale, inclusa quella italiana1, ed entrambi i Paesi sono tra i principali fornitori di API e delle numerose materie prime per la loro produzione. I dati mostrano, inoltre, che l’India risulta essere il primo venditore al mondo di API per i farmaci generici.
Questa dipendenza è determinante e strategica, considerando l’elevata percentuale di API utilizzati in Europa e negli USA1, ma comporta consistenti rischi associati alle interruzioni delle catene di fornitura per calamità naturali, guerre e quant’altro capace di bloccare anche solo temporaneamente il flusso delle materie prime. Pertanto, per le aziende chimico farmaceutiche e farmaceutiche, europee e italiane, è opportuno diversificare le fonti da cui approvvigionarsi individuando fornitori affidabili in grado di assicurare la qualità e la sicurezza dei propri prodotti. In conclusione, Cina e India rimangono pilastri vitali nella fornitura di materie prime farmaceutiche a livello globale1 e in questo scenario la sfida sarà contrassegnata dall’abilità dell’industria nell’individuare il metodo per bilanciare i costi, la sicurezza e la sostenibilità dei prodotti, promuovendo nel contempo l’innovazione e la resilienza nelle catene di approvvigionamento.
Fonte:
1. Report CPA 2025 Outlook of active pharmaceutical ingredients: the post-pandemic reshaping