Il nuovo Annex 1, come emerge dalla 13° Edizione di Clean Lab, tenutasi a Milano lo scorso 15 Maggio, ha un focus particolare sulla Cleaning Validation. Disinfezione, sterilizzazione, bio-decontaminazione sono tra gli aspetti sottolineanti, e di rilievo, nell’Annex 1. Alcuni nuovi, in termine di richieste apportate, altri già consolidati. Un panorama che non consente, tuttavia, di trascurare la Cleaning, la pulizia, termine che ritorna 29 volte nell’Annex 1, precisando che si tratta di un processo che deve essere in grado di rimuovere i residui che potrebbero inficiare l’efficacia della disinfezione. In particolare al punto 4.33 dell’Annex si riporta che la disinfezione di una Cleanroom, oltre a dover essere condotta secondo un programma ben definito, deve prevedere una efficace pulizia preventiva per rimuovere la contaminazione superficiale, compreso i residui dei disinfettanti. Infine, si specifica anche che Cleaning e Disinfection sono tra i punti da valutare nella CCS (Contamination Control Strategy), con particolare riferimento a isolatori e le rabs (Restricted Access Barrier System), il sistema per mantenere un ambiente di classe A in una specifica area.

La Cleaning Validation

Il processo di cleaning deve rimuovere, come detto, eventuali residui o detriti che potrebbero compromettere l’efficacia dell’agente disinfettante utilizzato e ridurre al minimo la contaminazione chimica, microbica e particellare del prodotto durante e prima del processo disinfezione. «Quindi i processi di Cleaning – specifica Andrea Pranti, moderatore della sessione e Qualification Transformation Engeneering Manager GSK Vaccines, presentando la relazione in vece di Francesco Goffredo, Quality Operations Head – Corporate Quality di Alfasigma S.p.A. – devono essere sempre validati, anche nel caso in cui su un’apparecchiatura o una linea venga lavorato un solo prodotto o un solo principio attivo. Benché gli approcci di Cleaning Validation, siano ormai consolidati, anche a seguito dell’introduzione nell’Annex 15 EU GMP della necessità di calcolare i limiti per il carry over in base a una valutazione tossicologica, riferita cioè al PDE (Permitted Daily Exposure), l’assunzione massima giornaliera accettabile per una persona di un solvente residuo, possono co-esistere alcuni ostacoli che rendono il processo di Cleaning Validation, difficile da implementare e mantenere: ad esempio in caso di linee/equipment multipurpose con processi che non utilizzano tutti lo stesso treno macchine complicando l’individuazione di prodotti worst case, l’utilizzo di nuovi prodotti in cui può non essere facile ottenere dati di PDE applicabili, l’applicazione di procedure manuali che rendono la Cleaning Validation più onerosa, con la necessità di un maggiore numero di run di convalida e soggetta a variabilità legata al diverso operatore o altri fattori interagenti». Fondamentale infine è (pre)occuparsi della Cleaning Validation anche di apparecchiature non a diretto contatto con il prodotto, soprattutto nelle fasi in cui sono coinvolti materiali/prodotti come polveri, la valutazione di eventuali eccipienti che possano rappresentare problematiche in termini di pulibilità o potenziali worst case per allergenicità e la definizione di una riconvalida periodica.

Semplificare e ottimizzare la Cleaning Validation

Valutare preventivamente e accuratamente il design delle linee/apparecchiature per favorire il lavoro/progettazione dei sistemi di Cleaning in Place (CIP) e in caso di macchine che non prevedano lo smontaggio delle parti e un lavaggio «out of place», considerare possibili sistemi di lavaggio automatico, che consentono di standardizzare l’esecuzione delle attività di pulizia, definire dei parametri/ricette specifiche per ciascuna tipologia e per ciascun prodotto, verificare a valle dell’esecuzione della pulizia che i parametri utilizzati siano convalidati, ridurre il rischio di fuori limite in fase di convalida o di riconvalida, semplificare l’effort per la cleaning validation (meno run di un sistema manuale), abbinando ai sistemi automatici, laddove necessario, sistemi di controllo in tempo reale per esempio sull’acqua di rinsing, quali TOC (Carbonio Organico Totale, pH, conducibilità o bioburden. Sono queste alcune misure suggerite per semplificare e ottimizzare la Cleaning Validation.

Le nuove opportunità

La tecnologia, con nuove soluzioni, si pone in primo piano per soddisfare i nuovi requisiti dell’Annex 1. Tra queste la tecnologia mass spec per l’identificazione microbica: «La nuova normativa – aggiunge Andrea Buzzigoli, QC Laboratories Supervisor di Kedrion SpA – richiede di aumentare i test di identificazione microbica come parte della CCS: ogni flusso di lavoro del laboratorio microbico dovrebbe essere valutato per aumentare le prestazioni del laboratorio e ottenere l’identificazione microbica. In questo processo la spettrometrai di massa, in particolare eseguita con la tecnologia MALDI-TOF, acronimo di “Matrix-Assisted Laser Desorption/Ionization – Time of Flight”, è la più utilizzata in diagnostica microbiologica clinica e la tecnica più adatta per elevate prestazioni e costi». Tale tecnologia consente anche l’integrazione con altri sistemi digitalizzati, ciò significa networking di informazioni e conoscenze condivise a livello globale e in futuro, auspicabilmente, con la strutturazione di una rete MALDI TOF nazionale e mondiale, ovvero un database univoco che consenta di passare dall’identificazione di microrganismi da 14 giorni a un solo giorno. Tale per cui tempestivamente possono essere messi in atto interventi per l’eliminazione del batterio inquisito e o decidere per lo stop produttivo temporaneo.

Oppure l’innovativo sistema Growth Direct (Rapid Micro) per l’incubazione e la lettura automatica dei dati di monitoraggi ambientali, ma anche di bioburden, acqua e sterilità rapida. «Questi metodi rapidi oltre a migliorare e a rendere più affidabile il processo – dichiara Stefania Viganò, QC Lead & QP Takeda Manufacturing Italia Pisa Site – danno l’opportunità di essere sempre più di-agile, digitali e automatizzati, e soprattutto riproducibili. Il processo di incubazione e lettura piastre attuato dall’occhio umano non è sempre sufficiente, ottimizzato e performante presenta errori e variabilità tanto che le piastre lette da più operatori possono dare spesso diversi risultati. Un “errore” che può essere azzerato da un processo automatizzato, utilizzando metodi che diano anche comparabilità con metodi tradizionali, come il Rapid Micro». Si tratta di un sistema complesso, che agisce su un massimo di 660 piastre, in grado di rilevare, esaminando la fluorescenza emessa dalle cellule microbiche con una lettura cinetica ogni 4 ore su piastre customizzate, valutando se gli spot nel tempo si modificano, aumentano di numero. Il sistema inoltre ha capacità di rilevazione anche di falsi positivi, possibili sulla membrana, e la presenza di colonie sovrapposte dando un risultato entro 52-76 ore, non richiede in nessuna fase l’intervento dell’uomo, scarta in automatico piastre con 0 ufc, segnala la presenza di muffe identificate nell’arco di 24 ore e in caso di dati fuori range il sistema manda un alert.