Patologia rara con una prognosi particolarmente avversa (il 25-35% dei pazienti muore nell’arco di cinque anni dalla diagnosi), la malattia di Castleman multicentrica idiopatica (iMCD) è definita da un’ipertrofia dei linfonodi in presenza di un’iperplasia linfatica angiofollicolare. Ne esistono due forme: localizzata (circoscritta a un unico linfonodo) e – appunto – multicentrica. Questa malattia si esplicita attraverso una linfoadenopatia generalizzata, un’infiammazione sistemica e un’insufficienza multiorgano insieme a un eccesso di produzione di interleuchina-6 (la proteina prodotta dal sistema immunitario, coinvolta nella regolazione della risposta immunitaria) e di altre citochine.
Ebbene, negli USA un paziente in gravi condizioni, aspettando il ricovero in hospice per ricevere cure palliative per la “iMCD” (“Idiopathic multicentric Castleman disease”) è stato trattato con una terapia identificata grazie all’Intelligenza Artificiale. A non rassegnarsi sono stati gli scienziati della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania – il cui lavoro è riportato sul New England Journal of Medicine – che hanno impiegato uno strumento di IA per analizzare 4.000 farmaci in uso con altre indicazioni e individuare l’adalimumab.
Parliamo di un inibitore del fattore di necrosi tumorale (Tumor Necrosis Factor, TNF) somministrato con iniezioni sottocutanee, impiegato da solo – ma anche in combinazione con altri farmaci – per alleviare i sintomi di alcune patologie (dall’artrite reumatoide alla malattia di Crohn, dalla colite ulcerosa alla spondilite anchilosante).
Remissione clinica
Sono trascorsi 24 mesi, un lasso di tempo in cui il paziente con malattia di Castleman multicentrica idiopatica continua a essere in remissione. E potrebbe essere il primo (di tanti) ad usufruire di un sistema di previsione fondato sull’intelligenza artificiale applicabile anche ad altre malattie rare. Queste le parole degli autori della lettera pubblicata su “NEMJ”: “L’inibizione dell’interleuchina-6 con Siltuximab, l’unica terapia approvata dalla Food and Drug Administration per l’iMCD, è efficace nel 40-50% dei pazienti, lasciando però limitate opzioni terapeutiche nei casi in cui la malattia è refrattaria agli inibitori dell’interleuchina-6. Muove da qui l’urgenza di una migliore comprensione della patogenesi per identificare nuovi trattamenti”.
È bene ricordare che nel 1954, in un articolo visibile sul New England Journal of Medicine, il medico e patologo Benjamin Castleman delineò il caso di una paziente con una massa a livello del mediastino che, all’esame istologico, aveva rivelato una serie di peculiari alterazioni cito-architetturali della popolazione linfoide, successivamente definite “iperplasia linfonodale angiofollicolare (Angiofollicular Lymph Node Hyperplasia, ALNH)” o – appunto – malattia di Castleman.
Due approcci paralleli
Coordinato dal professore associato di Medicina Traslazionale e Genetica Umana dell’Università della Pennsylvania, David C. Fajgenbaum, il team di ricerca statunitense ha perseguito due approcci paralleli: uno fondato su metodi della proteomica, della trascrittomica e sperimentazioni in vitro per individuare nuove strategie terapeutiche; l’altro impiegando modelli di Machine Learning, che sfruttano metodi di apprendimento automatico., per predire quale farmaco potesse trattare l’iMCD. Dallo studio è emerso che il segnale del fattore di necrosi tumorale era più evidente nei pazienti con malattia di Castleman multicentrica idiopatica, indicando che potesse essere una terapia a bersaglio molecolare (Target Therapy).
L’anticorpo monoclonale che inibisce il TNF – ed è già utilizzato per varie malattie autoimmuni – si è rivelato così un’opzione incoraggiante. Su tale base, il professor Fajgenbaum (cofondatore della no-profit Every Cure), ha deciso di sperimentare l’inibizione del TNF sul paziente con iMCD. Per poi ammettere che il risultato ottenuto non solo offre speranza per i pazienti affetti da malattia di Castleman multicentrica idiopatica, ma attesta l’enorme (e ancora inesplorato) potenziale dell’intelligenza artificiale nell’individuare trattamenti per altre patologie rare.