Con la nuova Commissione europea ormai entrata in piena attività, continuano le prese di posizione delle associazioni industriali a supporto dello sviluppo delle nuove politiche di settore. È la volta di EFPIA, la Federazione europea dell’industria farmaceutica innovator, che ha rilasciato una nuova analisi sulla situazione delle piccole e medie imprese in Europa.

Il documento, realizzato da Charles River Associates, punta a identificare meglio gli elementi chiave che dovrebbero venire considerati nella messa a punto delle nuove misure a sostegno delle PMI del comparto biofarmaceutico.

Le PMI sono critiche per il futuro delle scienze della vita europee e per i pazienti, poiché spesso volgono attività di ricerca e sviluppo in aree di bisogno medico insoddisfatto, o contrastano le principali crisi sanitarie, comprese le pandemie ha commentato Nathalie Moll, direttore generale di EFPIA. – Abbiamo bisogno che i politici sostengano una visione strategica ambiziosa per la competitività del settore life sciences in Europa, come descritto nel rapporto Draghi, per sviluppare politiche che supportino e facciano crescere le PMI biotech innovative in tutta l’EU”.

I punti importanti secondo EFPIA

Tra i punti critici su cui riflettere identificati dal documento di Charles Rivers Associates figurano, una volta di più, le sfide del mondo europeo dell’innovazione life sciences nel reperire la liquidità necessaria a portare avanti le proprie attività, insieme a quelle poste dai processi decisionali. Fattori che sono ritenuti critici per contrastare la concorrenza di paesi come gli Stati Uniti. I dati riportati da EFPIA indicano una forbice per sviluppare un nuovo farmaco compresa tra i 290 milioni di euro e i 2,6 miliardi di euro, con punte fino a €5,5 mld per malattie come l’Alzheimer. 

Tra i principali problemi aperti a livello europeo vengono citati la scarsa disponibilità di capitali privati a sostegno delle fasi precoci di sviluppo, o la possibilità di accedere a capitali pubblici mediante quotazione per le fasi più avanzate.

Le raccomandazioni in tal senso avanzate nel documento partono da una possibile riforma dei fondi pensione, finalizzata ad aumentare la liquidità proveniente da investitori privati nel settore degli investimenti ad alto rischio. L’indicazione è che gli enti regolatori responsabili, sia a livello europeo che nazionale, rivedano gli attuali quadri normativi per permettere una maggiore flessibilità dei fondi pensione a favore dei venture capital e degli investimenti in PMI. I dati riportati indicano in solo lo 0,01% gli investimenti dei fondi pensione europei nel campo del venture capital, a fronte di una disponibilità complessiva di asset pari a 3,136 miliardi di euro per il 2022. 

In secondo luogo, l’attrattività per gli investitori, sia interni che internazionali, dovrebbe passare mediante un maggiore uso di piattaforme centralizzate di trading quali Euronext, che permetterebbero di contrastare meglio la competizione del Nasdaq americano nel quotare le PMI mediante il ricorso a iniziative di Offerte pubbliche di acquisto (IPO). A tal fine, sarebbe anche utile sviluppare un apposito indice che aiuti a comprendere i costi per la raccolta di capitali in Euronext vs Nasdaq. 

Sarebbe infine necessario creare un fondo di garanzia del valore di 1 miliardo di euro, destinato a un numero limitato di partner. Fondo che permetterebbe di gestire meglio i rischi di perdite attraverso la loro condivisione tra i partner del fondo.

Foto di Dmitriy da Pixabay